Il cafone con la caramella

Opera di Firenze: un Barbiere brillante, il pubblico un po’ meno

Il cast si è mosso bene e con una buona recitazione: Figaro spavaldo quanto basta, Bartolo il perfetto “vecchio” gabbato e bastonato, Rosina intrigante e maliziosa

di Domenico Del Nero

Opera di Firenze: un Barbiere brillante, il pubblico un po’ meno

Il solito cafone pensa bene di scartare una caramella proprio all’inizio del crescendo del finale del primo atto: alternando questo e quello pesantissimo martello….    declamano  i cantanti mentre la musica di Rossini  si accanisce sulle sillabe come i marosi sugli scogli …. Ma a avercelo, il martello, sarebbe stato da tirare al cafone della caramella, insieme a una eletta schiera di suoi pari.

Croce e delizia del nuovo teatro dell’opera di Firenze è infatti l’acustica. Sicuramente eccezionale ma al punto che lo scatarrare ha lo stesso fragore di una tromba,  sicuramente assai più cacofonico….

Non era decisamente un pubblico delle grandi occasioni, quello di ieri sera all’opera di Firenze: molti più che a teatro pensavano forse di essere in spiaggia, magliette a go-go e lonze al vento che era un dispiacere. Decisamente la civiltà teatrale è in ribasso, certo il caldo non favorisce l’abito da sera, ma almeno una giacca leggera sì. Per fortuna qualche irriducibile c’era, persino qualche cravatta e in particolare – dettaglio davvero incoraggiante – tra il pubblico più giovane. Non solo cafonal, per fortuna. Alla fine, se non altro,  applausi decisi e convinti.

In compenso la produzione era di tutto rispetto: “ è uno spettacolo in economia” commentava con sussiego qualcuno tra il pubblico.  Ottima cosa: una regia gradevole efficace e di buon effetto, un cast affiatato e con qualche punta di eccellenza, una direzione vivace e spumeggiante che ha fatto scorrere in dieci minuti le quasi due ore del primo atto …  un bilancio decisamente positivo e molto meglio di regie nuove di zecca e sicuramente costose, ma molto meno comprensibili come quella del Tristano e Isotta. Sicuramente riproporre produzioni collaudate, di buon gusto  e di successo è un’ottima strategia, e bene farebbe la nuova direzione a proseguire su questa strada, senza ovviamente escludere anche produzioni originali, magari però senza … stecche di bilancio.

 Le scene e costumi, vivaci e coloritissimi, di Sigfrido Martin-Begué  e la regia di Josè Carlos Plaza hanno caratterizzato un taglio che forse, ancor più delle precedenti edizioni, si muoveva verso una sorta di parodia della commedia dell’arte e dell’opera buffa settecentesca; cosa quest’ultima che sicuramente trova non pochi agganci anche nella partitura rossiniana.  La regia di Plaza fa galoppare la commedia con un ritmo narrativo scorrevole e calibratissimo: una Siviglia dal profilo moresco immerso in un aranceto, ma deformato da una prospettiva …. alla Dalì; fondali dipinti che riproducono in modo un po’ ingenuo ma efficace interni ed esterni, la “piazza a Siviglia” del libretto di Cesare Sterbini e l’interno della casa di Bartolo, la bottega di Figaro con le parrucche e l’insegna “pomata fina”. E un assurdo velocipede con cui il “Factotum della città” fa trionfante il suo ingresso in scena. Il tutto contornato da ballerine di flamenco, popolani variopinti, suore intriganti e soldati un po’ imbranati.

Il cast si  è mosso bene e con una buona recitazione: Figaro spavaldo quanto basta, Bartolo il perfetto “vecchio”  gabbato e bastonato, Rosina intrigante e maliziosa. Buona anche la prestazione del coro, che però in quest’opera non ha una parte di primo piano, ma che ha comunque dato un contributo importante nelle scene d’insieme. Sul piano strettamente vocale,   Figaro e Bartolo senz’altro vincitori:  Mario Cassi è un baritono che possiede vivacità d’accento e un’ottima capacità scenica, ma anche una voce dal bel timbro pastoso e dal volume potente. Paolo Cordogna si conferma un basso-baritono rossiniano di gran razza, con una voce di bellissimo colore e di notevole estensione.

La Rosina del celebre soprano sudcoreano  Sumi Jo è stata molto spavalda sul piano scenico e anche su quello vocale, forse però un po’ eccessiva nei gorgheggi e nelle colorature.  Dignitoso ma senza particolare smalto il Basilio di Ugo Guagliardo; poco convincente invece la prova di Filippo Adami, che è apparso un po’ costruito e soprattutto discontinuo, con una vocalità a tratti aspra e un timbro un po’ nasale.

Molto elegante e vivace la direzione del maestro Fabrizio Maria Carminati,che ha animato quella straordinaria tavolozza che è l’orchestra rossiniana: la vis comica, gli impasti e colori strumentali, la vivacità dei concertati – in primis quello straordinario del finale del primo atto – hanno dato un contributo determinante alla magia di un’opera che, come predisse Beethoven a Rossini, sarà rappresentata finché ci sarà un teatro d’opera al mondo. E’ il genio di Rossini, un genio italiano che ha saputo nutrirsi di una cultura musicale europea, che nelle sue opere buffe fa tesoro della lezione di Haydn e Mozart e impreziosisce poi  il Guillaume Tell di “citazioni”  di Beethoven;  ma che reca nella sua musica il suo sigillo inconfondibile, il vero segreto di Dioniso, quello che fece esclamare a Schopenhauer:” datemi la musica di Rossini che parla senza parole”! 

Spettacolo decisamente da vedere e da gradire. Prossime repliche  stasera, lunedì 21 e martedì 22 luglio ore 21.

 

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