​Scandali di ieri.. o di oggi?

Lo “Scandalo della banca romana”

Questo avvenimento suona sinistramente attuale nel contesto contemporaneo.

di Laerte Failli

Lo “Scandalo della banca romana”

“Ci sono due fatti che colpiscono chiunque esamini la storia della nostra circolazione.

1° Nessuna legge sulle banche ha mai potuto approdare.

2° Tutte le disposizioni che miravano a frenare gli abusi furono (?) combattute e per esso le leggi caddero, condannandoci eternamente al provvisorio.”[1]

Ancora una volta, in un periodo di grande caos economico-finanziario, è interessante andare a scavare nel passato e vedere che gli intrecci tra denaro e politica sono una brutta costante del nostro paese in questi periodi bui. Se oggi non passa quasi giorno senza che un uomo politico di qualsiasi schieramento venga a torto o a ragione pescato in circostanze sospette, non è che l’Italia appena nata fosse da meno.

Anzi, il primo grande scandalo dell’unità italiana fu proprio legata ad una banca, il famoso e famigerato “Scandalo della banca romana”, ricordato anche da Carlo Alianello in un suo bel romanzo:  “L’ Inghippo”.

“Maledetta fame dell’oro”. Più che fame, bramosia. Virgilio aveva visto giusto: il biondo metallo deificato diventa connesso in modo indissolubile al potere arrivando a modificare le coscienze: e questo non solo nei regimi assoluti ma anche in quei regimi liberali e democratici in cui in teoria gli eletti del popolo dovrebbero essere tali proprio per tutelare gli interessi della comunità e non i propri.  Un vecchio adagio popolare dice che il denaro è lo sterco del diavolo e verrebbe da dire amaramente che generazioni intere di politici ci hanno sguazzato in pieno, mettendo tra l’altro, come oggi, in discussione il futuro di intere generazioni, pur di assicurarsi vantaggi e privilegi tutelando chi del denaro era ed è custode e signore.

A volte tutelando persino chi il denaro se lo inventa. La citazione in apertura ricorda amaramente come già alla fine dell’ ‘800 il tentativo di mettere ordine in tale materia fu vano, anche perché: “non è del tutto a maravigliarsi che nei portafogli delle banche si possano trovare cambiali di uomini politici […] ma se gli sportelli stessero aperti per uomini politici che non hanno né commerci né affari né solvibilità adeguata al credito ottenuto, non sarebbe questo un grave disordine? [..] ora se senza esserci colpa nelle banche e neppure begli uomini politici, quelle tali cambiali di cui si confessa la presenza nei portafogli, fossero il mezzo per le banche di perpetuare lo statu quo, e per gli altri una spinta a tenersi caro il credito e a non recare molestie a istituti per loro così benevoli, la gravità del fatto sarebbe enorme, e su quelle tali cambiali peserebbe tutta la responsabilità del disordine che travaglia la nostra circolazione”[2]

Un discorso simile scritto, da un tal Dobelli, più di un secolo fa a proposito del celebre scandalo, suona sinistramente attuale nel contesto contemporaneo dove i fili che collegano la politica con le banche sono sempre più fitti e a tirarli non sono più nemmeno burattinai italiani, forse solo a loro volta marionette …

All’indomani dell’unificazione italiana, c’erano ben 6 banche di emissione che continuavano convivere nel nostro paese[3]: la conseguenza era una circolazione di denaro sempre più inflazionato e la cosa da fare, oltre che risanare i singoli istituti era limitare il diritto di emissione alla Banca Nazionale del Regno. Ma l’opposizione delle altre banche impedì tale provvedimento per decenni, finché nella seconda metà degli anni ‘80 una grave crisi edilizia investì anche diversi istituti di credito provocando fallimenti a catena. Nel 1889 Crispi ordinò un’inchiesta bancaria che, come sempre in Italia, doveva essere un puro pro forma. Caso volle però che ad indagare sulla banca romana, uno dei 6 istituti in questione, fossero due personaggi (caso più unico che raro) onesti e capaci, il senatore Giacomo Alvisi e l’ispettore del Tesoro Gustavo Biagini. Essi si scontrarono col governatore della banca, Bernardo Tanlongo, un tipico personaggio dell’epoca che durante il governo del Papa aveva fatto a mezzo tra preti e massoni, diventando uomo di fiducia dei gesuiti e del gran maestro della massoneria, giungendo sino a fare il fattorino di casa Savoia ancora in età papalina. Diventato dal 1881 governatore della Banca Romana, per ostacolare la proposta di legge che voleva privarla del diritto di emettere denaro si dette molto da fare con la corruzione, legando a sè uomini politici, esponenti del mondo economico e dell’informazione.  Tanlongo arrivò persino a far stampare in una tipografia inglese un certo numero di biglietti di banca con le stesse serie di quelli originali, punzonandoli con la sua firma e con quella del cassiere generale; mettendoli nelle casse della Banca Romana, pronti a sostituire quelli autentici che venivano sfornati come pane. Ma i due ispettori fiutarono qualcosa e si accorsero di un buco di 9 milioni dell’epoca, che se scoperto avrebbe causato un terremoto. Naturalmente tutto fu coperto e messo a tacere e il debito sanato in gran segreto dalla Banca Nazionale. Ma Alvisi e Biagini andarono fino in fondo e dimostrarono sia l’ammanco dei 9 milioni sia il fatto che la Banca Romana aveva messo in circolazione 25 milioni di lire più del consentito; inoltre custodivano nei suoi forzieri una notevole quantità di cambiali firmate da politici, giornalisti ecc..  tutto questo nel 1890.

I risultati dell’inchiesta furono comunque affossati e nel 1892 in seguito a nuove elezioni, Tanlongo offrì voti e protezioni ad un astro nascente della politica italiana: Giovanni Giolitti, chiedendo in cambio la  tutela della sua banca e la nomina a senatore del regno che puntualmente arrivò.

Giolitti chiese al Parlamento uno slittamento di altri 6 anni prima dir costituire un’unica banca di emissione. Ma successe un inghippo. Alvisi, poco prima di morire, consegnò una copia della sua relazione ad un amico che la diffuse in una cerchia ristretta ma autorevole. Nonostante ciò nessuno si decideva a fare qualcosa, ma quando il 20 dicembre 1892 Giolitti chiese lo slittamento di cui sopra l’estrema destra e l’estrema sinistra attaccarono e pretesero un’inchiesta. Ci si limitò ad un’ispezione amministrativa che comunque il 18 Gennaio 1893 rese noto  come la Banca Romana avesse emesso quasi 70 milioni di denaro illegale, mentre i biglietti doppi , cioè quelli made in England ammontavano a 40 milioni. Finalmente Tanlongo venne arrestato e si innescò un meccanismo che portò alle dimissioni dello stesso Giolitti (23 Novembre 1893): i nomi dei personaggi coinvolti nelle famose cambiali non furono però mai resi pubblici.

Se lo scandalo della Banca Romana ebbe perlomeno l’effetto di mettere in moto la tanto auspicata riforma del sistema di emissione nessuno però “ pagò”; perfino Tanlongo fu assolto al processo che terminò a Roma il 28 Luglio 1894.

L’unico a pagare fu uno studente che assistendo alla seduta della Camera tra il pubblico nel Novembre 1893 aveva urlato indignato ai parlamentari: “Ladri!”. Fu l’unico a finire in galera!



[1] “Il governo e le banche” in Il Secolo. Gazzetta di Milano, 21-22 Dicembre 1892

[2] ibidem

[3] Erano esattamente: Banca Nazionale del Regno d’Italia (ex regno di Sardegna);  Banca Toscana di Credito per le Industrie e il commercio d’Italia (1860, fondata dal governo provvisorio toscano); Banca Nazionale Toscana (1857); Banca Romana (fino al 1870, Banca dello Stato Pontificio); Banco di Napoli  (fino al 1861, Banco delle due Sicilie); Banco di Sicilia (fondata nel 1850 e fino al 1861, Banco Regio dei Reali Domini al di là del faro)


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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 28/11/2013 10:39:02

    si potrebbe dire: ecco il basso continuo della costruzione statale italiana... bello che l'estensore di quest'articolo abbia ricordato un raccontatore di rango come Carlo Alianello. spero che qualcuno dei bravi scrittori di Totalità ci faccia un bel ricordo e un avviso di letture di questo obliato autore...

  • Inserito da piccolo da Chioggia il 28/11/2013 10:38:58

    si potrebbe dire: ecco il basso continuo della costruzione statale italiana... bello che l'estensore di quest'articolo abbia ricordato un raccontatore di rango come Carlo Alianello. spero che qualcuno dei bravi scrittori di Totalità ci faccia un bel ricordo e un avviso di letture di questo obliato autore...

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