Editoriale

O con me o contro di me: Renzi e Berlusconi e la deriva autoritaria

I due leader non ne vogliono sentire parlare, ma lo spazio al dissenso è scomparso negato ai cittadini ma anche ai parlamentari

Vincenzo Pacifici

di Vincenzo Pacifici

Professore ordinario di Storia Contemporanea Roma La Sapiena

ntra nel vivo il dibattito parlamentare su una riforma costituzionale che lascia pochi spazi alla speranza di cambiamenti. Deputati e senatori nominati, immunità anche per le regioni e nessuna traccia di presidenzialismo: questo è il centrato titolo del fondo di Francesco Storace sul suo magazine. 

E’ un titolo, che sintetizza il dibattito avviato al Senato e per il quale si sono spesi con severità e direi con asprezza tanto il Cesaretto di Pontassieve quanto il Cesare di Arcore, mai come in questa vicenda intollerante alle critiche e con reazioni al limite dell’isterismo «è meglio Renzi di chi è contro di me». 

   Del clima di incredibile insofferenza sono specchio due articoli partecipati del solito foglio di Sallusti: «Berlusconi striglia i suoi. Basta liti da spogliatoio» e «Renzi asfalta la minoranza PD: ribelli disarmati». Alla riunione con deputati e senatori il leader massimo chiede il voto di fiducia sulle riforme con la metafora calcistica: "Non rispettare il patto del Nazareno sarebbe un autogol" . Dimostrazione del livello scadente della politica è il ricorso al gergo pallonaro, probabilmente il solo conosciuto dal presidente del Milan, di fronte al quale è legittimo, più che lecito, chiedersi autogol a chi? e replicare che la rete sarà subita dall’Italia, che ha, come testimoniano i drammatici dati emersi dalle indagini della Caritas e dell’Istat, bisogno assoluto di riforme di tenore del tutto diverso da quella del Senato dai tempi  lunghissimi e dagli effetti irrilevanti.

L’altro, il giovane campione di lucidità politica, chiede  "lealtà al Paese". Infatti sono segnalate manifestazioni oceaniche e pacifiche da Aosta a Siracusa, da Bolzano ad Agrigento, animate da un solo grido: "Vogliamo il Senato, trasformato secondo gli ordini di Berlusconi e di Renzi!" 

Sul dibattito intanto gravano oltre 7800 emendamenti, di cui 6000 presentati dal Sel ma oltre 1000 da esponenti di FI e del Gal, 60 dal PD, 100 dalla Lega e 200 dal M5S.

Nessuno nota con il necessario risalto la figuraccia stratosferica sul piano europeo del Pierino, la cui candidata , esponente del PSE, per l’incarico di ministro europeo degli esteri, già di per sé di secondaria importanza, fatica a trovare i voti per la nomina e vede di giorno in giorno aumentare il numero degli Stati contrari e nessuno si sofferma sull’altra vicenda, quella dell’Alitalia, curata dal ciellino Lupi al momento in fase di stallo.

La ex ministro dell’Istruzione Gelmini, infastidita dalle critiche mosse all’abolizione del termine "ginnasio", cita l’articolo 5 del Decreto di riforma (DPR 89/2010), che ne stabilisce invece il mantenimento. Allora perché la parlamentare, invece di intervenire sulle colonne di un quotidiano senza alcuna conseguenza politica, non denunzia alla Camera l’illegalità compiuta, chiedendone la revoca?

Per la destra si è aperto forse uno spiraglio timido ma non da sottovalutare e si spera foriero di sviluppi concreti: prima Maurizio Gasparri al Senato e poi Ignazio Larussa a Montecitorio hanno presentato un disegno di legge per l’abolizione del reato di vilipendio al Capo dello Stato, per il quale presto subirà un procedimento Francesco Storace. 

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