Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un’estate ricca di novità per l’opera di Firenze/Maggio Musicale Fiorentino. Dopo la consacrazione definitiva del nuovo teatro, si è insediato nei giorni scorsi Il Consiglio di Indirizzo della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, formato da Micaela Le Divelec Lemmi, Mauro Campus, Vittoria Franco, Enzo Cheli (assente per impegni all’estero) e presieduto dal sindaco di Firenze Dario Nardella. Il consiglio ha indicato la terna dei nomi ha indicato la terna di nomi tra i quali il Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, sceglierà il Sovrintendente: Ugo Caffaz, Luigi Ulivieri e Francesco Bianchi, il commissario straordinario che ha terminato il suo difficile incarico e che potrebbe così rimanere al timone della Fondazione. Comunque sia, è la fine di una fase di angosciosa e incerta “provvisorietà. “
Domenica 13 luglio una visita che ha davvero onorato il nuovo teatro: quella di Riccardo Muti, uno dei più grandi direttori d’orchestra del nostro tempo che al Maggio Musicale Fiorentino è legato da tanti, “spettacolari” (è proprio il caso di dirlo!) ricordi. Il maestro Muti ha avuto calde parole di apprezzamento per la nuova struttura mentre il sindaco ha espresso l’auspicio che possa anche salirne il podio. Un auspicio, per una volta, da condividere a piene note!
Intanto è partita anche la stagione estiva e da oggi fino al 22 luglio un appuntamento tanto “classico” quanto sempre graditissimo: il Barbiere di Siviglia di Rossini, nell’edizione che riprende, per la regia e i costumi, quella del 1994 già più volte riproposta: una messa in scena multicolore e brillante, per certi aspetti forse sin troppo sgargiante anche se nell’insieme gradevole, con un Figaro – ciclista di sicuro effetto, dovuta al regista Josè Carlos Plaza, con scene e costumi di Sigfrido Martin Beguè.
La storia – e l’aneddotica - di quest’opera sono fin troppo note. Il film biografico di Monicelli Rossini Rossini, che non rende in verità troppo giustizia al carattere brillante e anche piuttosto audace del sommo musicista di Pesaro, ci presenta l’autore del Barbiere che ormai vecchio e stanco ripensa con nostalgia a quel fiasco storico che consacrò uno dei suoi capolavori: Il barbiere di Siviglia fu infatti una delle cadute più clamorose della storia del melodramma, molto probabilmente voluto e orchestrato ad arte, che la sera del 20 febbraio 1816 si “celebrò” tra i fischi al teatro Argentina di Roma. Beethoven poi, in uno storico incontro tra i due sommi avvenuto a Vienna nel 1822, profetizzò a Rossini che il Barbiere sarebbe stato rappresentato sinché fosse esistita l’opera italiana; ma, quel che è peggio, sino a una trentina d’anni fa Rossini era diventato quasi esclusivamente l’autore del Barbiere , che comunque veniva presentato come indiscutibile e quasi unico capolavoro. Basti pensare anche all’enorme fortuna che certe “citazioni” dell’opera hanno avuto anche nel linguaggio quotidiano, come Donne donne eterni dei, la calunnia è un venticello etc. Peraltro l’opera veniva presentata in versioni più o meno “rimaneggiate” dalla prassi direttoriale, che ne aveva alternato in più punti il carattere genuino. Uno tra i primi grandi interpreti che lo restituì al colore e alla freschezza originari fu proprio il compianto maestro Claudio Abbado.
Nessuno che capisca qualche nota di musica oggi pensa al Barbiere come al solo capolavoro del cigno di Pesaro; anzi per certi aspetti si è arrivati forse all’eccesso opposto. Senza dubbio non è il solo capolavoro del compositore, forse neppure quello assoluto, dato ma non concesso che certe definizioni abbiano senso più di tanto; ma sarebbe del tutto assurdo sminuirne la portata e l’altissimo livello artistico; resta pur sempre un capolavoro e non solo del suo autore ma di tutta la storia del melodramma. Per non parlare poi del suo significato sul piano storico e musicologico, per cui con quest’ opera Rossini perfeziona e supera la grande tradizione dell’opera buffa italiana, del tutto rinnovata grazie al potenziamento del ruolo dello strumentale e ad una tecnica compositiva particolarissima per cui, come ricorda il vecchio ma sempre valido saggio di Luigi Rognoni , il compositore non adatta mai il ritmo musicale alla scansione della parola, ma la parola viene “interrotta, frammentata, ridotta infine spesso alla scansione di quelle note ribattute che costituisce una delle formule più frequenti e suggestive del comico rossiniano” [1]
Questo significa che spesso si ha l’impressione che la musica, ben lungi dall’adeguarsi in qualche modo alla parola, infierisca su di essa, martellandola e in qualche caso stravolgendola, o meglio creando degli effetti che sono del tutto indipendenti da essa. Se tale procedimento viene portato alla massima perfezione nel capolavoro “turchesco” ( L’italiana in Algeri) non mancano certo esempi anche nel Barbiere ; a partire dal vorticoso e trascinante finale dell’atto primo Mi par esser d’esser con la testa, con cui il musicista : “Vuol trascinare il pubblico e si serve di un elementare procedimento basato su due immagini onomatopeiche altrettanto elementari: una melodia ondeggiante su l’ostinato dell’orchestra (…) quindi il consueto parlato sillabico (alternando questo è quello pesantissimo martello …)”[2]. L’effetto, continua Rognoni , è quello di una vertiginosa corsa circolare che non trova mai un punto di arrivo e infine termina con le solite ripetute cadenze che invitano alla risoluzione finale. Ma aldilà dei particolari tecnici, quello che sorprende è la ricchezza dell’invenzione, delle trovate musicali , della perfetta aderenza della musica al libretto che Cesare Sterbini aveva ricavato dalla Commedia di Beumarchais; tanto più stupefacente, se si pensa che Rossini compose le oltre seicento pagine di partitura del Barbiere in un tempo brevissimo; forse non proprio otto giorni, come lui stesso amava far credere, ma certo non più di tre settimane. Un tempo incredibilmente breve, ma non insolito per una artista come Rossini che pure una certa aneddotica ha volentieri dipinto come pigro e indolente.
Certo, occorre ricordare il metodo ancora “settecentesco” con cui il compositore lavorava, riciclando e adattando materiali di opere precedenti (ma cose del genere verranno fatte, anche se con minori proporzioni, anche dagli autori più propriamente “romantici”, per i quali valeva come imperativo quasi categorico il principio della assoluta originalità e unicità dell’opera d’arte). Emblematico il caso della sinfonia, nata per un’opera seria, L’ Aureliano in Palmira (Milano 1813) e riadattata con lievi ritocchi orchestrali per L’Elisabetta d’Inghilterra, rappresentata due anni dopo al San Carlo di Napoli, allora il primo teatro d’Italia e uno fra i primi d’Europa. Può essere che Rossini avesse composto per il Barbiere una sinfonia originale su temi spagnoli poi scomparsa, ma la notizia è molto incerta ; senza dubbio oggi sarebbe impossibile separare l’opera dalla sua Ouverture consolidata dalla tradizione, anche se certo, a un attento ascolto, essa appare molto meno pertinente di quella, ad esempio, dell’Italiana in Algeri, che presenta un andamento e alcuni passaggi davvero “turcheschi” , ravvisabili anche nella strumentazione.
In ogni caso capolavoro straordinario, merito certo anche del libretto di Sterbini, che se privava il testo dell’eversivo commediografo francese di tutta la sua carica “rivoluzionaria”, tuttavia lo riproduceva per il resto abbastanza fedelmente nei suoi punti fondamentali, offrendo così al compositore un materiale scenico di qualità piuttosto elevata: Figaro, dal personaggio calcolatore e dialettico che era in Beumarchais, diventa un popolano chiacchierone e astuto, tipo particolare di basso tendente al baritono (e quasi sempre intepretato da baritoni); Rosina una ragazza moderna che sa fin troppo il fatto suo, nata come contralto ma spesso interpretata da mezzosoprani; Almaviva (tenore), un giovanotto dinamico che va diritto al suo scopo; mentre il dottor Bartolo (basso buffo) e don Basilio (basso), sono due caricature di certi personaggi del vecchio mondo che il compositore ben conosceva. Ma quello colpisce è anche una sorta di parodia che il musicista conduce, con abilità e eleganza di tutto il costume settecentesco che è ormai tramontato con la rivoluzione francese: e se Rossini per certi aspetti, nel metodo di lavoro, può sembrare un artista “settecentesco”, in realtà è ormai lontanissimo da quel mondo e non per nulla concluderà la sua parabola artistica con quel capolavoro “romantico” che è il Guglielmo Tell.
Lo stesso uso dell’orchestra, la cui “recitazione strumentale” fa da contrappunto calibrato a quella scenico –vocale – differenzia notevolmente il Barbiere (e non solo) dai pur venerabili capolavori della scuola napoletana ; tra cui si può annoverare anche il Barbiere di Siviglia del vecchio collega –rivale Giovanni Paisiello,rappresentato a Pietroburgo nel 1782,( i cui sostenitori sembra abbiano avuto un ruolo importante nel fallimento della prima rossiniana), presi in giro senza neppure troppi sottintesi in più di una occasione. Del resto, sin dai suoi esordi Rossini si era guadagnato il soprannome di “tedeschino” per il suo “viziaccio” di avere ben presenti modelli d’oltralpe come Mozart e Haydn; e c’è chi ha affermato che il Barbiere è l’opera che Mozart avrebbe potuto scrivere se avesse vissuto almeno un’altra ventina d’anni …
Molto interessante il cast canoro: Rosina è infatti Sumi Jo, soprano di grande repertorio , in alternanza con Antoinette Dennefeld (18, 22 Luglio); nel ruolo di Figaro Mario Cassi e Filippo Fontana (18,22), il conte Almaviva sarà Filippo Adami ( Giorgio Misseri il 18). Per quanto riguarda i due bassi buffi, nel ruolo del dottor Bartolo si alterneranno Paolo Bordogna e Marco Filippo Romano (18,22), in quello di don Basilio Ugo Guagliardo e Gabriele Sagona. Sul podio il maestro Fabrizio Maria Carminati.
Spettacoli: Teatro dell’opera, 15,17,18,21 e 22 luglio, ore 21,00.
Un concerto per il venerdì santo al teatro del Maggio, tra Bach e Rossini
Un don Pasquale da ... sposare. Un grande spettacolo al Maggio Musicale Fiorentino
DON PASQUALE : l'ultimo capolavoro buffo di Donizetti tra beffe, sospiri e un tocco di malinconia
NERONE: al teatro lirico di Cagliari rinasce un capolavoro
Così é se vi pare, una grande lettura del dramma di Pirandello. Pieno successo della versione di Geppy Gleijeses al teatro della Pergola
Un don Pasquale da ... sposare. Un grande spettacolo al Maggio Musicale Fiorentino
DON PASQUALE : l'ultimo capolavoro buffo di Donizetti tra beffe, sospiri e un tocco di malinconia
NERONE: al teatro lirico di Cagliari rinasce un capolavoro
Così é se vi pare, una grande lettura del dramma di Pirandello. Pieno successo della versione di Geppy Gleijeses al teatro della Pergola
Cos' è se vi pare, una grande lettura del dramma di Pirandello. Pieno successo della versione di Geppy Gleijeses al teatro della Pergola
Un don Pasquale da ... sposare. Un grande spettacolo al Maggio Musicale Fiorentino
DON PASQUALE : l'ultimo capolavoro buffo di Donizetti tra beffe, sospiri e un tocco di malinconia
NERONE: al teatro lirico di Cagliari rinasce un capolavoro
Così é se vi pare, una grande lettura del dramma di Pirandello. Pieno successo della versione di Geppy Gleijeses al teatro della Pergola
Cos' è se vi pare, una grande lettura del dramma di Pirandello. Pieno successo della versione di Geppy Gleijeses al teatro della Pergola