Cronache da un anno terribile

Il saggio di Mario Bozzi Sentieri. La destra puo’ uscire dal labirinto?

All’analisi viene accompagnata la cronaca quotidiana dell’ultimissimo periodo, in linea con il compito di disincagliarsi dai labirinti cui fa riferimento nel titolo

di Luigi Iannone

Il saggio  di Mario Bozzi Sentieri. La destra puo’ uscire dal labirinto?

La copertina del libro

L’esergo ad inizio capitolo è un vezzo di molti ma nella quasi totalità dei casi è indispensabile per sintetizzare ed insieme indicare il dato primitivo dal quale muoverà l’indagine ma anche la strada che percorrerà l’autore nelle pagine successive. Una citazione dotta, una frase estrapolata dall’opera più importante di un filosofo serve non solo per rimarcare tematiche sulle quali ci si soffermerà con maggiore accuratezza ma anche il punto di vista con il quale saranno analizzate. La convergenza tra la citazione e il testo è volutamente strumentale perché lo scopo è quello di preparare il lettore. Anche io non riesco a sottrarmi a questa sorta di iniziazione indispensabile per circoscrivere i confini della materia in oggetto e chiarire sin da subito la propria visione.

Mario Bozzi Sentieri nel suo ultimo libro (La destra nel labirinto. Cronache da un anno terribile, Edizioni del Borghese, pagg. 124, Euro 16,00) va oltre, trasponendo i sentimenti, le passioni giovanili e le nostalgie oltre al prodotto del proprio pensiero maturo in una citazione di un brano di Lucio Battisti. Lascia perciò da parte filosofi e intellettuali vari, spesso osservatori passivi e disincanti della realtà, per farci sentire innanzitutto il profumo di una epoca che non c’è più. Di una comunità dissolta per ragioni storiche perché presa dal vortice delle questioni globali ma essenzialmente demolita da motivazioni di piccolo cabotaggio politico. E quindi, come esergo si avvale della canzone ‘leggera’ che in tempi cupi come quelli della Prima repubblica non solo aveva marcato una dicotomia con una sinistra che si diceva ‘impegnata’, ma era una vera e propria via d’accesso per una comunità di uomini che non aveva nemmeno dignità di presenza nelle piazze, nelle università, nelle fabbriche e nelle istituzioni in quanto esclusa dall’arco costituzionale.

Così grazie alla apparente leggerezza della canzonetta trova il terreno fertile per delineare i caratteri peculiari di quei sentimenti di amicizia e di fedeltà ad un mondo relegato ma ancor più spesso autorelegatosi nelle fogne. Battisti-Mogol sono la coppia che meglio simboleggia un tempo andato dove emozioni semplici segnavano storie individuali e di piccole comunità politiche. E quando Bozzi Sentieri pone questa citazione a mò di colonne d’Ercole del suo libro (Ancora tu/non mi sorprende lo sai/ancora tu/ma non dovevamo vederci più?/E come stai?/Domanda inutile/Stai come me e ci scappa da ridere) non vuole servirsi di metafore ma ci mostra tutta la disillusione di almeno tre generazioni di italiani che avevano creduto in un destra di governo e si ritrovano alla prova dei fatti con sconfitte difficilmente rimarginabili che possono essere parzialmente placate solo con una dose eccessiva di autoironia oltre che di fantasia.

Nel primo capitolo ripercorre l’ambiente nel quale si mossero quelle idee. Indica quei sentimenti di amicizia e solidarietà capaci di reinterpretare in modo personale dei concetti chiave della rivoluzione conservatrice, delle riviste toscane del primo Novecento, e così via, sui quali si sono formate varie generazioni. I riferimenti ad Evola, a Drieu la Rochelle e ai tanti autori ‘maledetti’ che abbiamo letto e riletto ma poi accantonati con l’esperienza di governo per far spazio a qualche autore liberale meno imbarazzante.

Il ritratto del giovane Bozzi Sentieri è il ritratto di tutti noi. Di generazioni che lontane da Roma e dai Palazzi passavano intere a vite ad immaginarsi come novelli Don Chisciotte pronti a combattere ogni ingiustizia. C’era tanta ingenuità, e forse uso un eufemismo. Certo è che lo stile di vita invocato ‘per il vero uomo di destra’ da Adriano Romualdi è stato soppiantato ‘dalla bella vita’ e dalla frequentazione assidua di quei Palazzi d’Inverno che invece vedevamo come moloch da smontare e sempre individuati nella loro posizione di alterità e mai di contiguità con le nostre normalissime vite: <

Certo, non è che manchino pubblicazioni su quanto è avvenuto in quest’ultimo ventennio e taluni possono essere interpretati come una vera e propria ripresa di quel bagaglio concettuale. Io stesso non mi sono ritratto perché, come per molti, la delusione per un’azione di governo inconsistente, senza alcun anelito riformatore e con una classe dirigente in larghi tratti non all’altezza, è stata indicibile rispetto alle attese. Proprio in virtù di un cinquantennio di opposizione parlamentare e di assoluta estraneità da tutti i processi culturali, civili e politici del nostro Paese, la delusione è stata proporzionale a quella lunga marcia del deserto.

L’operazione di Bozzi Sentieri aggiunge un tassello in più. All’analisi viene accompagnata la cronaca quotidiana dell’ultimissimo periodo, in linea con il compito di disincagliarsi dai labirinti cui fa riferimento nel titolo. La teoria è dunque legata ai fatti, in specie ad un anno, quello che lui considera l’anno decisivo, il 2013. Annus horribilis che intercetta le conseguenze delle scissioni di Fini e poi di Alfano, i governi tecnici, la condanna di Berlusconi.

I capitoli ci accompagnano passo passo dietro tutto ciò che è successo e che sembra oramai non appartenere al nostro tempo, e quasi da relegare ai libri di storia. Ed invece in molti di questi passaggi dimenticati si evincono con nitidezza gli inquietanti deficit di una intera classe dirigente. Ma soprattutto che nulla sarà come prima perché l’apparente movimentismo degli ultimi mesi nasconde, invece, una cristallizzazione delle posizioni, almeno su di un piano culturale e strategico.

Sono tanti gli interrogativi che segnalano i titoli dei vari capitoli (Dove abbiamo sbagliato; Non possiamo morire democristiani; Non facciamo della Thatcher la nostra icona; Non basta un tweet per fare un partito) e nel ricostruire passaggi decisivi, fratture, errori Bozzi Sentieri apre ad una nuova ripartenza. In questo percorso che offrirebbe delle possibili vie d’uscita faccio però fatica a seguirlo. Continua ad interrogarsi sul senso di una appartenenza che non è solo politica, e perciò il riferimento all’esergo tratto da una canzone di Battisti-Mogol la dice lunga sulle condivisibili modalità di lettura non ideologica della realtà; ma, ripeto, faccio fatica a comprendere in che modo possa avvenire quella ricomposizione che lui auspica.

I temi contemporanei che incidono sui concetti di nazione, democrazia, globalizzazione mi fanno pensare quanto sia difficile riproporre per il secolo che abbiamo di fronte categorie politiche e formule che in molti casi sono oramai insufficienti. Forse prevale in me il pessimismo dettato proprio da quelle letture che ho in comune con Bozzi Sentieri, dalle capacità profetiche di molti di quegli autori e anche dal fatto di non veder in giro leader capaci di farci sobbalzare dalle poltrone perché lo scenario che abbiamo di fronte è di cupio dissolvi

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