Alla Pergola di Firenze

Così è se vi pare, un Pirandello con troppe forzature ed enfatizzazioni

Il protagonista ospedalizzato in psichiatria, e una riscrittura della piece come flashback allucinato e onirico

di Domenico Del Nero

Così è se vi pare, un Pirandello con troppe forzature ed enfatizzazioni

Teatro della  Pergola: finale con … uova e  follia pirandelliana           Domenico del Nero

“schizofrenico”, voler impostare però tutto il dramma in questa chiave è apparso un po’ forzato.

Chiusura con Pirandello al teatro fiorentino della Pergola: una stagione veramente brillante, che ha visto spettacoli d’alto livello, accolti da un più che meritato successo – a volte un vero e proprio trionfo – di pubblico e di critica. C’è veramente da augurarsi che anche la prossima stagione sia dello stesso livello delle ultime due, che hanno confermato il ruolo di punta nella cultura fiorentina e toscana di questo antico e gloriosissimo teatro.

Finale col botto dunque? Non proprio, perlomeno non del tutto. Il gioco delle parti è sicuramente un testo difficile ma di grande fascino,  significativo di quella fase che viene chiamata il “teatro del grottesco”, quella in cui il grande drammaturgo siciliano riprende apparentemente gli schemi del dramma borghese, ma solo per mostrarne l’ipocrisia e l’inconsistenza (che per lui, del resto, sono tipiche della società stessa)e per farli “esplodere” diabolicamente come una bomba a orologeria. E il personaggio di Leone Gala è il tipico esempio di un personaggio che ha “capito il gioco” come spesso ama ripetere: vuole estraniarsi da una vita che dice ormai non riguardarlo più, ma dalla quale in realtà, non meno che il successivo e immenso “grande mascherato” Enrico IV, non riesce a staccarsi del tutto, al punto da riuscire con un diabolico “gioco di maschere” a vendicarsi del rivale e della moglie infedele.


Ma questo giustifica la lettura, del regista Roberto Valerio e del protagonista Umberto Orsini (che comunque è stato il “grande mattatore” della serata) come “dramma della follia”? Per quanto in fondo tale elemento sia in qualche modo sempre presente nel drammaturgo siciliano, e Leone Gala abbia senz’altro qualcosa di “schizofrenico”, voler impostare però tutto il dramma in questa chiave è apparso un po’ forzato. Anche la “riscrittura” della commedia come un flashback  allucinato ed onirico di un Leone Gala ormai stanco e malato, ricoverato in un ospedale (che si suppone psichiatrico), anche se non è proprio uno stravolgimento sembra però una forzatura francamente non necessaria; il fascino del dramma pirandelliano, anzi, sta proprio nella progressiva “scoperta” del vero volto (o meglio, di un  volto insospettato) del protagonista che si rivela nel procedere dei fatti; per cui, da “cornuto contento”, passivo spettatore di un assurdo triangolo (di cui sembra consolarsi … sbattendo uova, elemento che è stato molto sottolineato dalla regia)  si rivela un astuto calcolatore che sa aspettare il momento giusto per mettere a segno la sua vendetta, stravolgendo i piani dei suoi avversari. Che in questo vi sia una punta di lucida follia non v’è dubbio, ma  sembra qui essere stato un po’ troppo “calcato”.  Certo, è una lettura che ha anche il suo fascino, soprattutto per l’alternarsi tra il piano del sogno, del ricordo allucinato e quello  di un presente ormai inafferrabile (elemento sicuramente molto pirandelliano); il tutto  reso in modo credibile ed efficace grazie a una regia accorta e ben calibrata e a una scenografia “mobile” (di Roberto Balò) che dava l’illusione di un passaggio tra i diversi piani temporali,  al gioco di luci e anche al concorso di musiche e rumori fuori scena.

Per quanto riguarda gli interpreti, Umberto Orsini è stato un grande Leone Gala, ora remissivo e “filosofo”, ora allucinato e violento: un vero personaggio pirandelliano, capace di mutare maschera a seconda della esigenze di quella “enorme pupazzata” (come amava dire  Pirandello) che è la vita.  Lasciano invece un po’ perplessi la  Silia di Alvia Reale e il Guido Venanzi di Michele di Mauro (la moglie e l’amante); personaggi forse più “squallidi” del necessario, con una recitazione a volte un po’ troppo caricata e una dizione non sempre perfetta.

Nel complesso comunque uno spettacolo interessante, con una lettura forse non condivisibile ma con un suo fascino e significato;   e un grande Umberto Orsini.  Da vedere dunque, nell’attesa di una nuova stagione di emozioni e … colpi di scena.

Repliche fino al 13 aprile, orario 20,45 (domenica 15,45).

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