Comitato direttivo
Giovanni F. Accolla, Franco Cardini, Domenico Del Nero, Giordano Bruno Guerri, Gennaro Malgieri, Gennaro Sangiuliano, Mirella Serri, Marcello Veneziani.
Un Riccardo III con il ghigno di Mefistofele. Sembrava davvero, sul
palcoscenico del teatro fiorentino della Pergola, di sentire la celebre risata
del boitiano Spirito che nega sempre
tutto. E invece era il monarca inglese immortalato – anche se certo tra gli
spiriti infernali – dal sommo bardo britannico.
Su quel che poi ci sia di vero
nell’immagine satanica dell’ultimo re di casa York (vissuto tra il 1452 e il
1485 e sul trono dal 1483 alla morte), la
cui vicenda concluse l’annosa “guerra delle Due Rose” e che Shakespeare
ha consegnato alla posterità, i dubbi sono quantomeno leciti, soprattutto
stando a quanto afferma la più recente storiografia. Non è questo comunque che importa adesso.
Riccardo III è, senza dubbio, la tragedia del potere come malattia e come
follia. Un’ossessione che diviene compensazione di frustrazioni remote e infine
desiderio di rivalsa, dimostrazione di
forza a tutto discapito di quel bonum
commune di cui invece il potere dovrebbe essere al servizio. Questo è il
messaggio – fortissimo – che un fantastico Alessandro Gassmann e una grande e affiatatissima compagnia di
attori hanno regalato al pubblico, nello spettacolo (con teatro esaurito) in prima a Firenze ieri sera; e alla fine, un
applauso lungo, trionfale, quasi liberatorio, mentre il protagonista ancora nei
panni e con la maschera del tiranno saluta con un “grazie” cavernoso da mettere
i brividi.
Lo spettacolo, anzitutto. Un adattamento di Vitaliano Trevisan che ha ridotto il testo originale e lo ha tradotto in modo più “moderno”, evitando rese troppo auliche o troppo criptiche, familiari al pubblico di fine Cinquecento ma meno digeribili dal nostro. Quello che rimane è però l’essenziale: la forza, la drammaticità, la cattiveria, la passione che si fa parola e colpisce con una violenza che lascia il segno. Anche in sala: dopo le prime battute, lo spettatore è catturato, inchiodato alla poltrona che un crescendo di tensione che scaccia qualche iniziale perplessità.
La regia, dello stesso Gassmann: uno spettacolo in nero, dark. La scena è sempre notturna, le luci sono al massimo cupi bagliori ma non arrivano mai a squarciare la forza della tenebra. E del resto, le tenebre sono sempre lì, in agguato, albergano prima di tutto nell’animo dei personaggi: se Riccardo ne è il principe, nessuno degli altri può dirsi immune, a parte forse Richmond, (Emanuele Maria Basso) che però appare, volutamente e con molta efficacia, gelido e compassato, quasi a gettare un’angosciosa ombra sul suo status di “buono”, di deus ex machina che uccide alla fine il tiranno e ristabilisce l’equilibrio sconvolto. Sconcertanti all’inizio i costumi di Mariano Tufano: difonte a una bellissima scenografia gotico – medievale, alcuni costumi tipicamente moderni, soprattutto le uniformi: novecentesca quella di Riccardo, di Richmond e di altri, mentre un paio di volte compaiono cortigiani in smoking e il conte di Rivers è in abiti borghesi con sigaretta in bocca. Sicuramente una dissonanza, che però sta semplicemente a ricordarci che il volto demoniaco del potere è sempre in agguato, in tutte le epoche e in tutte le età, nessuna esclusa. E non sempre e necessariamente porta l’uniforme: “ Shakespeare racconta una storia che è rimasta invariata nel corso dei secoli e che in fondo parla di noi, perché ritrae un personaggio alla conquista del potere” dichiara Gassmann. E le musiche, composte da due musicisti genovesi (Pivio e Aldo de Scalzi) che su richiesta del regista hanno lavorato sulla tradizione medievale inglese, usando però strumentazioni moderne, contribuiscono a creare questa sensazione di atemporalità, o meglio di una storia che (purtroppo) si ripete.
“Shakespeare parla chiaramente di deformità e, descrivendo Riccardo, il mio obiettivo è stato quello di farne un uomo diverso dal resto del mondo. Ho pensato di amplificare la sua altezza, in modo che tutti gli altri risultassero particolarmente piccoli e infatti il gigante che ho cercato di costruire in questo spettacolo una lontanissima familiarità con la figura di Frankenstein”. Parola del regista – protagonista, e c’è da dire che il tentativo è riuscito in pieno. Smisurato, questo è l’aggettivo che meglio definisce il Riccardo di Gassmann: nel suo odio, nella sua cieca determinazione, nel suo progetto malvagio che travolge affetti, legami di sangue e di parentela, i valori più sacri. Rispetto ad altre interpretazioni del personaggio, che ne mettono in risalto l’astuzia e la doppiezza, quella di Gassmann, pur senza trascurare anche queste caratteristiche, punta soprattutto sulla forza: nella sua follia distruttiva, che lo porta a compiere una ilare strage di familiari e amici che si frappongono tra lui il trono (compreso anche chi gli ha incoscientemente fatto da sgabello per arrivarvi) Riccardo è terribilmente lucido. Anche questo ricorda, sin troppo bene, eventi e personaggi ben più recenti, qualcuno addirittura ancora vivente. Ma alla fine arriva la resa dei conti, anticipata da una splendida scena dei fantasmi, evocati con sapiente tocco cinematografico, che alla vigilia della battaglia di Bosworth sconvolgono la morte del re, destinato a cadere sul campo di battaglia (nota stonata: per una fucilata!) dopo un magistrale e folle: “ il mio regno per un cavallo!”.
Ottima la prova di tutti gli altri attori, che in alcuni casi hanno impersonato doppie parti: Manrico Gammarota è stato un sicario (James Tyrrel) tenebroso e tormentato, fedele al suo diabolico signore sino a macchiarsi dei crimini più orrendi; Marco Cavicchioli è passato da un duca di Clarence ingenuo e patetico a un lord Hastings quasi Falstaffiano nella sua irruenza e nella sua triviale giocondità (che peraltro non gli salveranno la testa); Paila Pavese una duchessa di York determinata e regale nel ruolo di madre del “mostro” su cui scaglia una magistrale maledizione ; Sergio Meogrossi un duca di Buckingam intrigante e suadente, ma anche fiero e dignitoso; Marta Richeldi una regina Elisabetta prima altera poi distrutta dalla sventura; Giacomo Rosselli un conte di Rivers …. accanito fumatore.
Spettacolo assolutamente da non perdere, sempre che si trovi ancora posto. Repliche da mercoledì 5 a domenica 9 febbraio (ore 20,45, domenica 15,45.)
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