Il Maggio Musicale

Nabucco trascina il pubblico fiorentino.

Ed è certo che le emozioni non sono mancate: una buffa caratteristica del libretto di Temistocle Solera è quello di essere semplicemente abominevole sul piano della versificazione...

di Domenico Del Nero

Nabucco trascina il pubblico fiorentino.

Una partenza …. sull’ali sonore.  Il Maggio Musicale Fiorentino affronta il 2014 con Nabucco e bisogna dire che davvero era difficile far meglio, soprattutto con un’opera che sicuramente mostra i segni del tempo e non si può proprio definire un capolavoro, certo più famosa che veramente conosciuta. Ma in fondo anche questa è una sfida: riuscire a dar vita a uno spettacolo di prim’ordine partendo da un’opera non proprio eccelsa,  che solo i … fondamentalisti verdiani  possono amare di per se stessa. Invece, grazie a una stupenda regia, un cast vocale di ottimo livello, un’orchestra  al meglio delle sue prestazioni e una direzione vigorosa  ma non … eccessiva,  tutto il pubblico, anche quello dei palati un po’ più raffinati, si è lasciato convincere e trascinare all’entusiasmo. E – ultimo ma per evidenziarlo meglio - uno stupendo, magnifico coro, non solo per un Va Pensiero vibrante di emozione e calore ma senza eccessi retorici, ma anche davvero protagonista quasi dall’inizio alla fine del melodramma: una caratteristica di Nabucco è infatti la quasi costante presenza  in scena delle masse corali, che rappresentano  non solo gli ebrei,  ma anche i babilonesi: canti dolenti, ispirati, commossi o guerreschi si sono alternati con una sapiente gradazione di toni e anche con una recitazione convincente.  Insomma, davvero un coro da … Maggio Musicale.

E così, un pubblico che finalmente ha riempito il teatro, con una notevole presenza giovanile, ha sancito un successo senza riserve che consente di aprire la stagione con una …. nota di ottimismo.

“Era necessario trovare una cifra estetica che consentisse un’astrazione da qualunque proposito di fedeltà storica, e che allo stesso tempo fosse una sintesi sufficiente a caratterizzare la differenza tra un popolo conquistatore e un altro costretto ai lavori forzati   (…) Siamo insomma partiti dall’interno per arrivare all’esterno. Abbiamo analizzato i comportamenti umani e li abbiamo trasformati prima in azione e poi in immagine. E adesso abbiamo fiducia che tutto questo si trasformi  in emozione”

Così il regista Leo Muscato nelle sue note di regia. Ed è certo che le emozioni non sono mancate: una buffa caratteristica del libretto di Temistocle Solera è quello di essere semplicemente abominevole sul piano della versificazione  (Salgo già del trono aurato lo sgabello insanguinato e altre perle del genere) ma tutto sommato efficace sul piano drammaturgico, con colpi di scena anche di un certo effetto, come il fulmine che improvvisamente ferisce nel secondo atto il troppo tracotante Nabucco, deciso addirittura a trasformarsi da re a dio. Muscato opta per un allestimento che non può certo definirsi “tradizionale” ma di certo non uno stravolgimento: è uno dei rari casi di attualizzazione riuscita e intelligente, perché rispettosa dello spirito dell’originale: “ Lo spazio è un è una grande scatola che ci permette di raccontare, a seconda delle esigenze, due mondi molto diversi l’uno dall’altro. Quello degli ebrei è decisamente scuro, rischiarato dal fuoco, segno del divino. Quello babilonese invece  ostenta ricchezza, ma lo fa in maniera spartana …”

I costumi sono comunque d’epoca anche perché, prosegue il regista, le forme di molti abiti tradizionali mediorientali conservano lo stesso carattere che avevano 2500 anni fa e le armi sono spade e frecce, niente Kalashnikov .  Del resto, i  bellissimi costumi di Silvia Aymonino,  il gioco delle  luci di Alessandro Verazzi   ( riprese da Virginia Gentili),  i colori: tutto contribuiva a un palcoscenico davvero spettacolare, che agiva in perfetta sintonia con la fossa d’orchestra.

Renato Palumbo, direttore di fama internazionale e con un repertorio alquanto ricco e vario, ha dato una lettura interessante di una partitura che certo non brilla per raffinatezza di orchestrazione.  Palumbo  ha comunque evitato eccessi “bandistici” senza per questo venir meno all’impetuosità che caratterizza quest’opera, sottolineando anche i toni epici e i momenti lirici e patetici, come il duetto tra  il re malato e prigioniero e Abigaille  nella terza parte.

Abigaille è una parte che richiede grande forza e agilità, dotata di fioriture, cadenze e grandi intervalli. La soprano Anna Markarova è stata sicuramente efficace e credibile, riuscendo a strappare momenti d’entusiasmo. Molto applaudito – e meritatamente – anche lo Zaccaria (parte improba per la tessitura acuta  che si addice forse più a una voce baritonale)  di Raymond Aceto, abile nella declamazione e dalla bella voce ampia, notevole soprattutto nella difficile preghiera della seconda parte Vieni o levita;     Nabucco del baritono Dalibor Jenis è stato un personaggio abbastanza convincente, forse più nei panni di un sovrano folle e malato che non in quella di guerriero della prima parte.  Il tenore (Ismaele) non ha un grande ruolo in quest’opera ma Luciano Ganci si è comunque difeso più che dignitosamente, così  come la Fenena di Rossana Rinaldi. [1]

Altre rappresentazioni  (con alcuni ruoli alternati) domenica 26 ore 15,30, martedì 28, giovedì 30 e venerdì 31.  Decisamente da vedere.



[1]Per i ruoli vocali  ci si riferisce alla rappresentazione di venerdì 24 gennaio. Nel corso delle rappresentazioni si alternano gli interpreti principali (cfr. la presentazione dell’opera sempre su Totalità.it).  

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