​“Anche Verdi e Rossini hanno i loro spartiti giustamente a riposo”

Va pensiero … Nabucco sulle rive dell’Arno

Insomma, la scelta del Maggio Musicale Fiorentino di aprire la stagione 2014 proprio con il Nabucco, è da biasimare? Assolutamente no

di Domenico Del Nero

Va pensiero … Nabucco sulle rive dell’Arno

“Anche Verdi e Rossini hanno i loro spartiti giustamente a riposo”. Questo celebre giudizio di Arturo Toscanini può valere anche il Nabucco? Forse, se ci si limitasse a guardare per l’appunto allo spartito, sì. Se infatti l’opera è senz’altro un netto stacco rispetto alle due prime esperienze teatrali verdiani, essa segna d’altra parte l’inizio di quel periodo che il compositore stesso designò come “anni di galera” e che durò sino  ai Vespri Siciliani (1855);  lasso di tempo in cui non mancarono opere destinate a diventare tra le più amate dal pubblico italiano (perlomeno, da un certo tipo di pubblico) ma anche titoli in cui, sempre per usare una sua definizione, guardava losco, ossia con un occhio al pubblico e uno all’arte.

Pure, anche se per molti aspetti oggi il Nabucco potrebbe apparire un’opera invecchiata, è innegabile che mantenga un certo fascino, parte per motivi extramusicali.  E’ notissima infatti la leggenda di un Verdi distrutto dal fallimento della sua opera Un giorno di Regno ma soprattutto dai tremendi lutti familiari che lo colpirono tra il 1838 e il 1840, che aprendo a caso il libretto del Nabucco avrebbe ritrovato forza e ispirazione musicale leggendo il testo del Va Pensiero. Vere sono purtroppo le sciagure familiari (Verdi perse i due figli e la moglie amatissima) e il fatto che l’impresario della Scala, Bartolomeo Merelli, insistette per fargli leggere il testo dell’opera; ma soprattutto, la leggenda del Nabucco è legata a motivazioni politiche, nell’equivalenza Ebrei oppressi/italiani dominati dagli austriaci, il Viva Verdi etc.

Si tratta di un mito bello è buono, costruito “a posteriori” alla vigilia del fatidico (e famigerato) 1859.   Intanto, ben pochi sanno che l’opera era graziosamente dedicata all’ arciduchessa Adelaide d’Austria  (Posto in musica e umilmente dedicato a S.A.R.I. la Serenissima Arciduchessa Adelaide d'Austria il 31 marzo 1842 da Giuseppe Verdi ), così come del resto la successiva, l’ancor più “patriottarda” I lombardi alla Prima Crociata, era dedicata a Maria Luigia duchessa di Parma. Ma a parte questo, che in fondo era più che comprensibile e anche ampiamente legittimo, non si deve dimenticare che, come ricorda un suo biografo  “nel 1842 e 1843, certi fuochi di irredentismo covavano, senza fiammeggiare; né Verdi ne aveva esatta consapevolezza, troppo impegnato alla ricerca di se stesso” [1]. Se mai, quello che poteva colpire la fantasia di Verdi era il mito tipicamente romantico del “popolo oppresso” e del suo desiderio di riscatto, che si era già grandiosamente affacciato  nelle ultime opere del sommo Rossini, il Mosè  (anch’esso di soggetto biblico) e soprattutto l’ultimo capolavoro, il Guglielmo Tell tratto da Schiller. E per quanto riguarda il “reazionario” Rossini di certo non  vi furono mai equivoci “patriottici”.

Insomma, la scelta del Maggio Musicale Fiorentino di aprire la stagione 2014 proprio con il Nabucco, è da biasimare? Assolutamente no. Si tratta di una scelta indovinata per vari motivi: perché in questo periodo c’è bisogno senz’altro di messaggi “forti” e inoltre un titolo come questo, pur sempre popolare, a torto o a ragione, può riavvicinare maggiormente il teatro al suo pubblico che nelle ultime occasioni sembra essersi un po’ defilato, forse disgustato da tutta una serie vicende che, comunque le si voglia giudicare, non dovrebbero toccare la sostanza artistica di un teatro e di un festival che ha saputo mantenere una qualità elevata e una nobilissima tradizione anche in momenti estremamente difficili.

L’autore del libretto, Temistocle Solera  (1815-1878) era davvero un soggetto originale: poeta e musicista lui stesso, fu  il collaboratore di fiducia del compositore bussetano sino all’Attila (1846) quando lo piantò in asso per recarsi a Madrid. Nella  vicenda del re babilonese che si trasforma da conquistatore e oppressore in  liberatore del popolo conquistato c’è ben poco di verosimile, ma a parte certi versi semplicemente terrificanti  ( Deh l’empio non gridi con baldo blasfema il Dio d’Israello si cela per tema?) si deve ammettere che da un punto di vista drammaturgico il meccanismo funziona: un tiranno prima fulminato da Dio e poi pentito, la perfida Abigaille (e come potrebbe una con un nome simile non esserlo) alla fine punita,  un gran sacerdote solenne e ieratico quanto basta. Ma il vero punto di forza di quest’opera, che il compositore seppe genialmente intuire, è senz’altro nella dimensione “corale”, o meglio ancora “popolare”; e come se il musicista volesse trasformare il dramma “borghese” tipico delle opere di Bellini e Donizetti  in qualcosa di vicino alle passioni e al cuore del popolo. Una intuizione che già abbandonerà nei Lombardi, e che verrà ripresa e perfezionata più tardi.

I personaggi, soprattutto Nabucco, Abigaille e il grande sacerdote Zaccaria sono molto interessanti anche da un punto di vista della tessitura vocale.  L’edizione fiorentina, che ha avuto il via martedì 21 gennaio scorso, vede sul podio il maestro Renato Palumbo, mentre la regia è di Leo Muscato: un allestimento del 2012 già sperimentato con successo; una regia simbolica e monumentale insieme, che ripropone il tema della vicenda del popolo ebraico in una chiave atemporale ma, a quanto par di vedere, senza stravolgimenti  o assurdità. Nei ruoli vocali in quello di Nabucco si alternano i baritoni Dalibor Jenis e Leo Nucci (26,30 gennaio), in quello di Zaccaria i bassi Riccardo Zanellato e Raymond Aceto (24,28,31), Abigaille le soprano Anna Pirozzi e Anna Markarova (24,28,31).

Date delle prossime rappresentazioni:  24,28,30 e 31 gennaio ore 20,30, domenica 26 ore 15,30.

Riassunto dell’opera

Nabucco:  dramma lirico in quattro parti
Parte I Gerusalemme. All`interno del tempio di Gerusalemme, i Leviti e il popolo lamentano l’infelice sorte degli Ebrei, sconfitti dal re di Babilonia Nabucco, che ora si accinge a entrare in  città. Il gran pontefice Zaccaria conforta  la sua gente. In mano ebrea è tenuta come ostaggio, infatti, la figlia di Nabucco, Fenena, la cui custodia Zaccaria affida a Ismaele, nipote del re di Gerusalemme. Questi, tuttavia, promette alla giovane di restituirle la libertà, perché un giorno a Babilonia egli stesso, prigioniero, era stato liberato proprio da Fenena, innamorata di lui. I due stanno preparando la fuga, quando giunge nel tempio Abigaille, supposta figlia di Nabucco, a comando di una schiera di Babilonesi. Anch`essa è innamorata di Ismaele e minaccia Fenena di denunciare al padre che ha tentato di fuggire con uno straniero; infine si dichiara disposta a tacere purchè Ismaele rinunci a Fenena, ma questi si rifiuta di soggiacere al ricatto. A capo del suo esercito irrompe Nabucco, deciso a saccheggiare la città. Invano Zaccaria, con un pugnale sopra il capo di Fenena, cerca di fermarlo, perchè Ismaele si oppone e consegna Fenena salva nelle mani del padre.
Parte II. L`empio. Nella reggia di Babilonia. Abigaille  ha scoperto un documento che svela la sua identità di schiava: dunque a torto i Babilonesi la ritengono erede al trono. Nabucco, in guerra, ha nominato Fenena reggente della città e ciò non fa che accrescere l`odio di Abigaille verso di lei. Il gran sacerdote di Belo, alleato di Abigaille, riferisce che Fenena sta liberando tutti gli schiavi Ebrei. Abigaille coglie l`occasione e medita di salire sul trono di Nabucco. Zaccaria, intanto, rivela con gioia al popolo che Fenena, grazie all`amore di Ismaele, si è convertita alla religione ebraica. Essa viene raggiunta da Abdallo, vecchio ufficiale del re, che svelate le ambizioni di Abigaille, le consiglia di fuggire per non incorrere nella sua ira. Ma non c`è tempo, poiché giunge Abigaille che ha con sé i Magi, il gran Sacerdote e una folla di Babilonesi. Giunge però, inatteso, anche Nabucco che si ripone la corona sul capo,imprecando contro il dio degli Ebrei e minacciando di morte Zaccaria. Alla dichiarazione di Fenena che rivela la propria conversione, egli replica imponendole di inginocchiarsi e di adorarlo non più come re, ma come dio. Il dio degli Ebrei lancia un fulmine. Nabucco, atterrito, cade agonizzante, mentre Abigaille si pone sul capo la desiderata corona.
Parte III. La profezia. Giardini pensili nella reggia di Babilonia. Abigaille in trono riceve gli onori di tutte l`autorità del regno. Nabucco tenta invano di riprendersi la corona, ma viene fermato dalle guardie. Nel successivo dialogo fra i due, Abigaille ottiene, sfruttando le instabili condizioni mentali di Nabucco, di fargli apporre il sigillo reale su un documento che condanna a morte gli Ebrei. In un momento di lucidità, Nabucco si rende conto di avere condannato anche la figlia Fenena e inutilmente supplica per la sua salvezza. Anzi, Abigaille straccia il documento che attesta il suo stato di schiava, dichiarandosi unica figlia ed erede. Ordina infine alle guardie di  far prigioniero Nabucco. Sulle rive dell`Eufrate, gli Ebrei invocano la patria lontana e d è ancora a Zaccaria che consola il suo popolo con una profezia che li  sprona ad avere fede.
Parte IV. L`idolo infranto. Dalla propria prigione Nabucco vede tra gli Ebrei condotti a morte anche Fenena. Disperato si  converte al Dio degli Ebrei. Abdallo e un manipolo di guerrieri rimasti fedeli al re, vedendo Nabucco rinsavire e rinvigorire, decidono di insorgere guidati dal vecchio re. Nei giardini pensili risuona una marcia funebre: stanno giungendo gli Ebrei condannati a morte. Zaccaria benedice Fenena martire. Ma all`irrompere di Nabucco, cade l`idolo di Belo e i prigionieri vengono liberati. Nabucco torna sul trono. Abigaille, avvelenatasi, chiede perdono morendo a Fenena e auspica il matrimonio di lei con Ismaele.  Zaccaria predice a Nabucco il dominio su tutti i popoli della terra.



[1] Claudio CASINI, Verdi, Milano, Rusconi, 1994, p. 67. 

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