Editoriale

A proposito di legge elettorale:il falso problema delle preferenze

Quanto alla rappresentanza dal punto di vista dei valori, il conclamato – ed effettivo – declino delle ideologie relega il requisito dell’appartenenza ad un comune mondo ideale negli spazi residuali difesi dalla Costituzione...

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

a legge elettorale è ancora e sempre al centro del dibattito politico e, stando a tutti i sondaggi, anche in cima ai pensieri degli elettori italiani, quasi fosse la panacea di tutti i mali della nostra Repubblica. In particolare dopo l’incontro Renzi-Berlusconi, si fa nuovamente un gran parlare di preferenze: c’è chi ne lamenta la ribadita esclusione dal progetto che verrà sottoposto alle Camere, minacciando perfino una guerriglia parlamentare, e chi ne ricorda gli aspetti negativi; il tutto, nei ristretti limiti posti dalla recente sentenza della Consulta.

In proposito, vale la pena di sottolineare alcuni aspetti della questione: in primo luogo, l’esito del voto referendario di vent’anni fa, quando, sotto la spinta psicologica di Tangentopoli, gli stessi elettori italiani videro nel sistema delle preferenze lo strumento principe della corruzione, che aveva contagiato il ceto politico nel suo insieme, attraverso il voto di scambio. Alla luce delle recenti cronache, specie dalle Regioni, non si vede perché la situazione dovrebbe essere cambiata e quei rischi diminuiti.

C’è però qualche altra considerazione da formulare in materia, ad esempio sotto il profilo della rappresentanza. Si contesta lo strapotere dei Partiti nella scelta/imposizione dei candidati, destinati ad essere, in pratica, nominati dai capi-partito e non eletti dal popolo, in forza delle liste bloccate (una simile ipoteca, malgrado l’accorgimento delle “liste corte”, graverebbe anche sui futuri parlamentari, alla luce del nuovo disegno); ma si dimentica, intanto, che da sempre la scelta dei medesimi candidati spetta, nella compilazione di quelle liste, ai maggiorenti dei partiti, i quali comunque hanno storicamente destinato i candidati graditi alle Segreterie nei collegi blindati e/o nelle prime posizioni, privilegiate, come noto, ai fini dell’elezione.

Si parla poi di conoscenza del candidato da parte dell’elettore (una delle soluzioni proposte è quella dei collegi di piccole dimensioni). Anche in questo caso, si sbandierano concetti vaghi, affetti da scarsa rispondenza con la realtà: a meno di svolgere un’attività politica locale – in un circolo, in una sezione, in un’associazione o in una fondazione – chi può davvero sostenere di conoscere un possibile candidato? Se si escludono quelli “di chiara fama”, provenienti dalla società politica o da quella civile (un famoso avvocato, giornalista, sportivo, scrittore, attore e così via), al comune cittadino non restano che la televisione o internet, per informarsi sul curriculum e sulle intenzioni e proposte dell’aspirante candidato. Uno scrupolo e un lavorìo, quelli implicati da quest’ultima ipotesi, verosimilmente attribuibili davvero a pochi elettori e che del resto non verrebbe “retribuito” in termini di fedeltà al mandato, con gli attuali vincoli costituzionali, che riconoscono all’eletto piena libertà nel suo agire politico, tanto da consentirgli impunemente i più scandalosi “ribaltoni”.

Quanto alla rappresentanza dal punto di vista dei valori, il conclamato – ed effettivo – declino delle ideologie relega il requisito dell’appartenenza ad un comune mondo ideale negli spazi residuali difesi dalla Costituzione e che infatti sono stati alla base del recente, richiamato verdetto della Consulta: ma quanti, oggi, voterebbero per un socialista, un liberale, un comunista per pura affinità ideologica? Certo, la rappresentanza potrebbe essere lecitamente intesa come rappresentanza degli interessi, materiali ma non solo (ad esempio, l’interesse a non consentire minori vincoli per l’immigrazione); ma qui, la caratteristica molto spesso “trasversale” di simili istanze e il gioco delle lobbies non contribuirebbe certo alla stabilità delle maggioranze parlamentari e, quindi, dei governi.

A proposito di stabilità – un valore, grazie a Dio, non soltanto per i Mercati – è appena il caso di far notare come il combinato disposto degli sbarramenti, degli incentivi alle coalizioni, del premio di maggioranza provocherebbe la facile contromossa delle insincere e precarie aggregazioni, i cui frutti avvelenati abbiamo assaggiato in tutti i lustri di questa “seconda Repubblica”: mi alleo col Partito “forte”, per eludere lo sbarramento posto alla mia formazione che volesse correre da sola, ma poi, all’occorrenza/convenienza, gli remo contro, fino a spaccare l’unità dei gruppi parlamentari e a insidiare, appunto, la stabilità del governo: vero, Lega di Bossi? E fermiamoci qui, con gli esempi.

La verità, conosciuta da molti ed espressa da pochi, è che la legge elettorale può essere efficace, in qualsivoglia versione, qualora sia in armonia con gli assetti istituzionali e la cultura politica diffusa; se, ad esempio, si vuole assicurare la stabilità ai governi, bisogna rivedere i poteri del Capo degli stessi, o prevedendone l’elezione diretta o rafforzandone la posizione, consentendogli eventualmente di sfiduciare i ministri, indipendentemente dal Parlamento o dal Presidente della Repubblica; analogamente, sarebbe opportuna una stringente normativa anti-ribaltoni, se del caso ponendo mano alle corrispondenti modifiche costituzionali.

E’ poi appena il caso di rilevare come il sistema proporzionale, nel quadro di una repubblica parlamentare – di cui pure sono stato un “nostalgico” sostenitore – non appare il più adatto a far nascere quei governi stabili, la cui esigenza viene unanimemente avvertita: i compromessi sottobanco, i trasformismi, le discussioni dilatorie a vantaggio di lobbies e ”poteri forti”, nel segno della peggiore conservazione – oltre alla doppia lettura di Camera e Senato, che speriamo di vedere presto abolita – andrebbero a discapito della rapidità decisionale e, ancora una volta, della solidità e durata dell’esecutivo, salvaguardando una rappresentanza e fedeltà ideologica di facciata.

Restiamo dunque in attesa, per l’ennesima volta, dell’avvio di una stagione di autentiche riforme, che soltanto gli “uomini nuovi” sono in grado di assicurare, forti di una fiducia diffusa che, a volte, anche la sfrontatezza procura loro.

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    3 commenti per questo articolo

  • Inserito da gildo il 26/01/2014 13:33:02

    UNA PROMESSA VALE UN VOTO !!! Al sud più che in altri luoghi finche avremo gente che non ha alcun reddito, che ha bisogno della pensione di invalido civile, delle giornate false, del lavoro nero, della raccomandazione per qualsiasi tipo di lavoro regolare, della raccomandazione per avere documenti e/o prestazioni dagli enti pubblici, dell’amico per aprire un attività, finche lo STATO sarà solo in alcuni luoghi le preferenze sono un arma a doppio taglio in una campagna elettorale comunale con un ricarica telefonica, un buono alimentare o benzina basteranno a prendere la preferenza nelle grandi città 20.000 euro garantiscono 400 voti di preferenza . La destra purtroppo è morta con la morte del M.S.I. per chi ci ha militato e ci viveva ! non trova oggi a chi dare il voto piccoli schieramenti personali (sollo ed esclusivamente ) funzionali alla poltrona del capetto che può dimostrare il suo passato da CAMERATA ma a cui nessuno può rimproverare nulla, ne tradimenti di ideee e ideali ne amicizie a dir poco inopportune e se anche cerchi di partecipare a qualche dibattito anche online censura CONTRO I CAPI NON SI PARLA

  • Inserito da gildo il 26/01/2014 13:33:02

    UNA PROMESSA VALE UN VOTO !!! Al sud più che in altri luoghi finche avremo gente che non ha alcun reddito, che ha bisogno della pensione di invalido civile, delle giornate false, del lavoro nero, della raccomandazione per qualsiasi tipo di lavoro regolare, della raccomandazione per avere documenti e/o prestazioni dagli enti pubblici, dell’amico per aprire un attività, finche lo STATO sarà solo in alcuni luoghi le preferenze sono un arma a doppio taglio in una campagna elettorale comunale con un ricarica telefonica, un buono alimentare o benzina basteranno a prendere la preferenza nelle grandi città 20.000 euro garantiscono 400 voti di preferenza . La destra purtroppo è morta con la morte del M.S.I. per chi ci ha militato e ci viveva ! non trova oggi a chi dare il voto piccoli schieramenti personali (sollo ed esclusivamente ) funzionali alla poltrona del capetto che può dimostrare il suo passato da CAMERATA ma a cui nessuno può rimproverare nulla, ne tradimenti di ideee e ideali ne amicizie a dir poco inopportune e se anche cerchi di partecipare a qualche dibattito anche online censura CONTRO I CAPI NON SI PARLA

  • Inserito da ghorio il 22/01/2014 19:58:00

    L'annuncio della riforma elettorale sta scatenando fiumi d'inchiostro e spazi immensi alle tv e sui siti web. Tutto questo , non solo per l'incontro Renzi-Berlusconi, ma anche per il sistema lanciato, ovvero riforma all'italiana. Bastava prendere un sistema collaudato ,vedi , per esempio, quello tedesco con la sbarramento e tutto veniva risolto per il peso dei piccoli partiti. Oppure il sistema francese del doppio turno. Naturalmente il sogno sarebbe la Repubblica presidenziale, tipo Usa, ma per quest'ipotesi in Italia si passa per fascisti. In ogni caso quello che mi sorprende, nell'area vicina al Cavaliere Berlusconi, è la questione della battaglia contro le preferenze. In realtà scegliere i parlamentari è la cosa più giusta che possa esistere. Che poi ci siano voti di scambio può anche essere(qui si dovrebbe fare un' analisi sul diritto di voto, magari con un piccolo esame, ma questi sono discorsi reazionari)ma, in genere la gente che va a votare non ha portato il cervello all'ammasso. Quanto al sistema dei partiti, una cosa che in Italia non si sottolinea è che da vent'anni non esistono più: sono di plastica. Una volta si facevano i congressi ogni due anni, c'era il dibattito, adesso a decidere, in genere, è il capo e la sua cerchia. Dov'è la battaglia della destra, diciamo centrodestra, sull'applicazione dell'articolo 49 della Costituzione? Sono i misteri di un popolo senza memoria storica come hanno scritto Prezzolini, Ojetti e Montanelli. In questo caso pensiamo all'oggi e basta che il Cavaliere( non ho nulla contro, salvo constatarne le varie inadempienze)ed ecco tutti, compreso Renzi(altro esempio di arrogante del potere)sono lì a sorvolare sulle preferenze. Invece debbono essere inserite, se si vuole la vera democrazia e magari con partiti che siano regolarizzati secondo gli insegnamenti del grande Pericle, ovvero la democrazia appartiene al popolo.

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