Crime Scene do Not Cross

Caligola, il mostro dell'Impero Romano -II e ultima Parte-

Molto bene riassume Svetonio la metamorfosi dovuta alla sua malattia: - Fino a qui ho narrato la sua vita come principe, ora narrerò quello che rimane ancora di lui come mostro

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Caligola, il mostro dell'Impero Romano  -II e ultima Parte-

Il filosofo Filone riferisce che durante i primi sette mesi del regno di Caligola “mai si era vista  una così grande felicità generale durante l’esistenza dell'Impero Romano”. 

Infatti, Caligola ebbe a mostrarsi come un compassionevole, generoso e ben intenzionato  sovrano: mise le ceneri di Tiberio nel Mausoleo di Augusto, nonostante l'odio di molti verso di lui, che volevano i suoi spregevoli avanzi dispersi nel Tevere;  decretò un'amnistia per esiliati e condannati; bandì gli stupratori; aumentò le opere teatrali e i combattimenti tra gladiatori per intrattenere le masse; donò ad ogni cittadini romano 300denari per migliorarne l’esistenza e molte altre cose ancora.

Dopo queste decisioni fu naturale che tutte le classi sociali gli dessero la loro benedizione, e che tutte le province dell'Impero Romano giurassero fedeltà senza problemi.

Caligola dimostrò tutta questa bontà, perché molto astuto e cosciente che non avrebbe potuto sedersi al posto di Tiberio senza prima avere avuto il consenso del popolo.

Tuttavia, è quasi certo che C. non avesse in mente di trasformarsi nel mostro che fu di punto in bianco, ma che nell'oscuro giro copernicano della sua condotta la metamorfosi fosse dovuta a un’improvvisa e strana malattia, dalla quale ne uscì sconvolto nel fisico ma soprattutto nella mente.

Infatti, divenne rapidamente cinico, megalomane, sanguinario e pericolosamente folle.

Sulla natura di quella malattia sono state espresse numerose teorie, ma le più fidate indicano che sintomaticamente si presentò come epilessia, causata anche dalla grande quantità di piombo assunta, che implicò danni cerebrali irreparabili che posteriormente si manifestarono in profondi disordini comportamentali.

Quando Caligola si ammalò, si racconta che la gente lo amasse così tanto che le manifestazioni pubbliche di sostegno erano diventate giornalmente innumerevoli e di varia provenienza; volevano il loro imperatore guarito e sarebbero stati capaci di donargli persino la vita pur di salvarlo.  

Molto bene riassume Svetonio quella metamorfosi quando dice: "Fino a qui ho narrato la sua vita come principe, ora narrerò quello che rimane ancora di lui come mostro."

In effetti, dopo avere recuperato la salute, C. ordinò a coloro che avevano offerto la loro vita agli dei in cambio della sua guarigione di rispettare tale offerta e di suicidarsi, così da mantenere la promessa data. Fra di loro c’erano sua moglie, suo suocero e Tiberio Gemello.

L’anno 39, vide un grave deterioramento delle relazioni tra l’imperatore ed il senato, perché quest’ ultimo si era abituato ad una relativa autonomia, fino all’arrivo di C. … e allora tutto cambiò.

I senatori si costituirono così come la parte avversa che avrebbe ostacolato il cammino del loro sovrano.

A quel punto, non rimase per lui che l’obbligo di eliminarli; ma come?

Trovò, grazie alla sua folle mente, la soluzione a tutto: rivide i casi di tradimento accaduti durante il governo di Tiberio, ed in base a quei documenti e precedenti elaborò esposizioni e dichiarazioni esagerate ed arbitrarie per affermare che molti senatori non erano fidati, comandando, pertanto, di incarcerali e poi ucciderli.

Qualunque cosa era sufficiente per essere accusati per delitti di lesa maestà, e così molti senatori furono marcati col fuoco, inviati a lavorare nelle miniere, rinchiusi in gabbie in cui potevano solo camminare a quattro zampe così da essere umiliati maggiormente; fatti sbranare da feroci leoni, costretti a lavorare mezzi nudi su freddissime catene montuose o, se avevano fortuna, semplicemente obbligati a correre dietro la sua carrozza, e a rimanere in piedi mentre egli mangiava deliziosi manicaretti e rideva vedendoli soffrire la fame e sete.

Ma le umiliazioni sofferte dai senatori non si limitarono a quanto scritto anteriormente, perché essi, infatti, ed alcuni altri membri dell'alta società, soffrirono una delirante degradazione sessuale senza precedenti, che C. impose per ottenere più denaro.

Così, molte stanze del palazzo furono convertite in sezioni di un gigantesco apparato statale di prostituzione di lusso, dove le mogli, le sorelle, e le figlie dei senatori e di altri sfortunati, offrivano i loro servigi sessuali a prezzi elevatissimi.

Una specie di segno vivente della pazzia di C. fu il suo cavallo Incitatus, che fece nominare sacerdote e console di Betania, territorio a nord della Turchia.

Oltre a ciò comandò di costruire un'enorme scuderia di marmo con bancarelle color avorio, una statua di marmo raffigurante il suo nuovo sacerdote, ed una villa con 16 giardini e 18 domestici.

Come il cavallo da corsa che era, Incitatus partecipò a molte gare di velocità.

Ogni volta, la notte prima della competizione, C. ordinava il silenzio generale alla parte di Roma vicina alla villa di Incitatus, e chi disturbava il sonno del suo cavallo era inviato al sonno eterno tramite la spada di un soldato.

Si narra che quel cavallo avesse perso solo una volta in tutta la sua vita, e che il fantino vincitore fosse stato fatto ammazzare per ordine dell’Imperatore.

Incitatus ebbe a mangiare farina d'avena mescolata con fiocchi morbidi e molto sottili di oro, bevve il miglior vino in coppe d'oro, divorò topi, calamari, cozze e pollo, indossando tessuti pregiatissimi e collane di pietre preziose; non copulava con le fattrici, ma con una bella donna di nome Penelope, che apparteneva alla buona società ed era stata scelto da Caligola come moglie del suo amato cavallo ...

Nel 40, Caligola fece un ulteriore passo avanti e si auto-divinizzò: si proclamò dio sole, apparve vestito da Ercole, Venere, Mercurio e Apollo; firmò documenti pubblici con il nome di Giove, si eresse due templi a Roma e un altro nella provincia asiatica di Mileto, utilizzò il Tempio di Castore e Polluce come portico per il proprio palazzo imperiale, distrusse statue di uomini illustri che Augusto aveva eretto sul Campo di Marte; dissotterrò il grande Alessandro Magno per toglierli la corazza ed usarla regolarmente; proibì ogni statua che non fosse la sua; decapitò sculture di dei importanti e le rimpiazzò con la sua testa; si fece adorare sia a Roma che nelle provincie, instaurando un suo proprio culto ed imponendo la genuflessione davanti a lui e tante, tantissime altre autocelebrazioni.

Svetonio racconta che “ Un certo giorno si impiegò per scherzo di fianco alla statua di Giove e domandò all’attore tragico Apelle quale dei due gli sembrava più imponente, e siccome egli vacillò nel rispondere, lo fece frustare per una atto di seguito, facendo notare, allora, che egli possedeva una voce gradevole e bella quando supplicava e quando gemeva di dolore”.

Si racconta che prima di morire, C. ebbe a ricevere alcuni segni che la sua fine stava ormai per raggiungerlo: quando stavano trasportando la statua di Giove presa da Olimpia, fece tali risate al vedere che la toccavano per onorarla che gli operai fuggirono spaventati facendo cadere alcune macchine atte al trasporto.

Un certo Cassio gli disse in sogno di sacrificare un toro, così che Caligola pensò subito di essere lui stesso l’animale da sacrificare a Giove; di lì a poco cadde un raggio sul Campidoglio di Capua ed un altro nel Tempio di Apollo Palatino, ambedue nel giorno delle idi di marzo.

Sila, astrologo consultato da C. con una certa frequenza, gli disse che la sua morte sarebbe stata prossima, violenta ed inevitabile; gli oracoli di Anzio gli dissero che doveva tenere d’occhio Cassio, ed egli reagì facendo eliminare il proconsole Cassio Longino, dimenticando che anche il pretoriano Cherea si chiamava così.

Sognò di stare in cielo, vicino al trono di Giove, e che il potente dio lo spingeva col pollice del piede destro per farlo cadere sulla Terra; e tutto il sangue che sgorgava era per un sacrificio; l'attore Mnester stava rappresentando, in quel momento, l'assassinio di Filippo di Macedonia.

In merito alla sua effettiva morte, essa avvenne per assassinio, ideato da Cherea e portato a termine oltre che da lui anche da alcuni petroniani, benché sia risaputo che un notevole numero di senatori, militari e molte altre persone sapessero della cosa, ma allo stesso tempo esistesse un atteggiamento di complotto che portò al silenzio assoluto, perché tutti volevano vedere morto quel tiranno sadico e pazzo.

Così Cherea si mise d'accordo con altri alleati per tendergli un'imboscata, quando C. fosse stato visto uscire dai giochi palatini, intento ad attraversare una galleria sotterranea, e così lo stesso Cassio Cherea che era un vecchio pretoriano e conosceva l'imperatore sin da bambino, ed era stato un ufficiale distaccato di Germanico, chiese d’essere il primo a pugnalarlo poiché, come segnala Svetonio: “Caligola lo insultava di essere vecchio e demente e non gli dirigeva ormai che parole oltraggiose, trattandolo da codardo ed effeminato; se si presentava a chiedergli la consegna, gli rispondeva chiamandolo "Príapo" o "Venere"; se il tribuno si affrettava a ringraziarlo di qualcosa, C. presentava la mano per essere baciata con movimenti osceni”.  

Così, quando durante la mattina del 24 gennaio dell'anno 41 C. uscì dai giochi palatini muovendosi solitariamente per una galleria sotterranea, si trovò di fronte Cherea e questo gli chiese il salvacondotto, in quanto la galleria sotterranea era un'uscita segreta; ma, prima che l’imperatore finisse di rispondere, sentì il pugnale di Cherea incastrarsi con accanimento tra il suo collo e la clavicola.

Terrorizzato, Caio cercò di fuggire mentre cominciò ad insultare l’assalitore, ma Cornelio Sabino –tribuno della Guardia Petroniana- lo accoltellò nuovamente, e poi a turno ognuno dei cospiratori affondò la propria lama dentro le carni straziate di Caligola.

Le pugnalate furono trenta, prima che il corpo senza vita del sovrano fosse lasciato a terra zampillante di sangue ognove.  

Le guardie personali di Caligola, accortesi dell’attacco al loro padrone, si scagliarono contro gli attentatori facendo strage di molti di loro, e addirittura arrivando a uccidere chiunque passasse di lì, o almeno questo è quanto narra lo storico Flavio Giuseppe.

Sia come sia la verità su quei dettagli, i cospiratori sopravvissuti assassinarono anche la moglie Cesonia, e la figlia Giulia Drusilla.

Stando al resoconto di Svetonio, la bambina sarebbe stata uccisa schiacciandole la testa contro un muro.

Anche a Claudio, che sarebbe dovuto essere il futuro Imperatore, fu minacciata la vita dagli assalitori di Caligola, ma l’uomo ebbe la prontezza di riflessi di sfuggire all’attacco e di lasciare la città.

Concludendo, occorre citare ancora Svetonio: “Il suo cadavere fu portato in gran segreto agli Horti Lamiani, fu bruciacchiato in una pira estemporanea, e lo seppellirono poco dopo coprendolo con un po' d’erba e terra.

Più avanti le sue sorelle, rovesciate e in esilio, lo fecero esumare, lo bruciarono e diedero sepoltura alle sue ceneri. E’ certo che fino a quest’epoca apparvero fantasmi ai guardiani di quei giardini, e di sera, nel luogo ove l'assassinarono, risuonavano spaventosi rumori.

Sua moglie Cesonia morì contemporaneamente a lui, assassinata da un centurione; e a sua figlia le spappolarono la testa contro una parete”.

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