Editoriale

La storiografia romana? Una “ fabbrica di mostri”

C’è insomma da chiedersi come abbia potuto l’impero romano reggersi per circa mezzo secolo in mano a certi tipi da galera e da manicomio …

Domenico Del Nero

di Domenico Del Nero

in qui abbiamo parlato del principe, ora non ci resta che parlare del mostro». Così  Caio Svetonio Tranquillo l’autore delle Vite dei Cesari (primi decenni II sec. d.c.)  abbandona parlando dell’imperatore Caligola (sul trono dal 37 al 41 )  il tono fino a quel momento abbastanza distaccato del biografo  per indossare voracemente quello del cronista di nera, o meglio del ….  Gossip a luci rosse: che siano le più acrobatiche e improbabili perversioni sessuali o i delitti più efferati, il rosso resta il colore dominante. Ma chi era veramente Caligola? E prima – e dopo di lui – chi furono veramente Tiberio, Claudio,Nerone e … perché no, Augusto?

Una consolidata tradizione storiografica, risalente all’età antica, ha le idee molto chiare in proposito: Tiberio,Caligola e Nerone, pazzi degenerati; Claudio, un idiota cornuto contento e pure lui, tanto per non sfigurare, sanguinario; Augusto … beh insomma, un po’ cattivello pure lui, però tutto sommato un grande statista e pure di larghe vedute, soprattutto da quando ebbe il potere saldo nelle sue mani: a quel punto, una volta eliminati tutti i suoi avversari più importanti o anche chi semplicemente poteva dargli ombra, come il figlio di Cesare e Cleopatra, Tolomeo Cesare, si permise di essere “clemente”.

C’è insomma da chiedersi come abbia potuto l’impero romano reggersi per circa mezzo secolo in mano a certi tipi da galera e da manicomio …

C’è però anche chi non si accontenta questo schemettino così preconfezionato e senza aver la pretesa di cambiare lo zolfo in incenso, cerca però di capire se  certi “ figuri”erano davvero così biechi come li si dipinge.   E non è un mistero che, se di storiografia e storici bisogna fidarsi il giusto e sempre con lo spirito critico alzato, quando si tratta di storiografia antica – e quella romana in particolare – la cautela è doppiamente d’obbligo.

Perché? Ce lo dice uno dei più grandi oratori e scrittori, ma anche dei primi “tuttologi” mai esistiti: nientemeno che  Marco Tullio Cicerone, il quale assicurava che la storia era “Opus oratorium maxime” affare soprattutto da oratori. Al lettore moderno un giudizio del genere dice poco, ma è altamente significativo …. E tale da mettere in guardia. Significa,  semplificando al  massimo, che quello che conta non sono i documenti, le testimonianze, il tentativo di una ricostruzione quanto più attendibile e equilibrata possibile : quello che conta sono la capacità di persuasione, il “colpo” da fare sul lettore e la dimostrazione di una tesi sia pur preconcetta.

Senza tediare il lettore con un compendio di metodologia storiografica romana (e chiedendo venia all’esperto per la semplificazione) è significativo che proprio Cicerone, e poco dopo di lui il suo contemporaneo e per certi aspetti rivale Sallustio, siano i responsabili della prima “mostrificazione” di un personaggio creando un cliché che poi si ripete, con pochissime varianti, anche per la storiografia del Principato e arriva bello e precotto anche alla storiografia umanistico – rinascimentale, almeno fino al grande Francesco Guicciardini: lo stereotipo del tiranno  sanguinario, campione di tutte le depravazioni sessuali possibili e immaginabili, pedofilo o incestuoso (o entrambe le cose, se del caso), da bosco e da riviera …. etc. etc. etc. Nel  caso di Cicerone e Sallustio, si trattava solo di un “aspirante tiranno” il famoso e famigerato Catilina:  personaggio “d’indole malvagia e depravata”  come lo descrive Sallustio in un ritratto memorabile, “ Già da ragazzo, Catilina aveva commesso molte azioni vergognose, con una vergine nobile, con una vestale, e altre cose del genere contro il diritto e la pietà religiosa. Infine, preso d’amore per Aurelia Orestilla,  nella quale nessuno trovò mai nella di buono  tranne l’aspetto fisico (…) poiché essa temeva il figlio di Catilina ormai adulto, si ritiene per certo che ucciso il suo stesso figlio abbia sgomberato la casa per le nozze scellerate.  (…) E infatti il suo animo immondo, sgradito agli uomini e agli dei, non poteva trovar pace né nelle veglie né nel riposo (…) aveva il volto esangue, gli occhi torvi, l’andatura ora veloce ora lenta; insomma aveva la follia stampata in faccia.” E questo è solo l’antipasto: seduttore di giovani d’ambo i sessi che aiutava a far fuori i genitori per intascare i patrimoni (quest’ultimo “ghiotto” particolare, per la verità, è di Cicerone)  si circondava della schiuma del vituperio sociale per combinarne di tutti i colori.[1]Sempre rimanendo sul gossip, si potrebbe notare come il particolare della Vestale sedotta era destinato a diventare una sorta di luogo obbligato:  il solito ben informato Svetonio ci informa che Nerone violò una vergine vestale, Rubria; e ben quindici secoli dopo Alessandro de’ Medici, duca della repubblica fiorentina, aggiungerebbe (secondo storici  e cronisti, o meglio … cornisti ben informati) alla sua lunga sequela di stupri e perversioni la relazione con diverse monache. Almeno questa Caligola pare essersela risparmiata, ma in compenso si sarebbe rifatto con gli incesti con le sorelle.

Ma per tornare e chiudere con Catilina, non si pensi che fosse solo un depravato sessuale, corruttore di giovani, assassino di figli sgraditi etc. Se non è riuscito a fare anche lui quello che riuscì ai successori di Augusto è solo perché, grazie soprattutto a Cicerone – che lo ha ripetuto sino alla nausea al punto da disgustare alla fine i suoi stessi contemporanei – non è riuscito a prendere il potere ed è morto combattendo eroicamente presso Pistoia, nel 62 A.C.  Anche Sallustio, che in fondo il mestiere di storico lo conosce e bene, è costretto alla fine a rendergli l’onore delle armi. Ma se avesse prevalso …. Avrebbe addirittura incendiato il mondo intero, assicura con una pirotecnica iperbole il console Cicerone, principe indiscusso del foro romano.  [2] 

Si potrebbe pensare che in fondo personaggi simili sono purtroppo ricorrenti nella storia di un popolo e di una civiltà. Ma a parte questo, cosa unisce veramente Catilina con Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone, mostruosità e depravazioni sessuali a parte?

Semplicemente il fatto di essere nemici di una oligarchia avida, rapace, sanguinaria e feroce e, almeno dai tempi di Giulio Cesare in poi, anche abbastanza inetta. E la storiografia fu quasi sempre nelle mani di autorevoli membri di tale oligarchia che anche quando – come nel caso di Tacito –  erano scrittori di razza e animati da una sostanziale onestà di fondo, non riuscivano però a sottrarsi al fascino dell’opus oratorium, servendosene per sfogare il rancore contro chi aveva tolto loro il giocattolo del potere.   Già  Catilina – come del resto altri prima di lui – aveva intuito le debolezze e le contraddizioni di tale oligarchia e aveva fatto leva sulle mostruose ingiustizie, sociali e d’altro tipo, da essa perpetrate. Questo non significa necessariamente che fosse migliore di coloro che combatteva, ma nemmeno che fosse per forza peggiore. Oggi gli storici più avveduti e con meno pregiudizi cercano, con molta fatica, di restituire a questi personaggi il loro vero volto. Alcuni di essi trovano paladini anche al di fuori del campo storiografico vero e proprio: è il caso dello stesso Catilina, che ha trovato un difensore in quel giornalista sicuramente eterodosso, provocatore ed intelligente che è Massimo Fini, che ha tentato una rivalutazione pure di Nerone.  Non si tratta di mere mode “revisionistiche”: il potere, soprattutto in un mondo complesso e difficile come l’impero romano, richiedeva a volte il pugno di ferro per essere gestito senza far cadere tutto nel caos, come comprenderà, sia pure con grande amarezza e pessimismo, il più grande storico – almeno tra quelli a noi giunti – della Roma Imperiale, ovvero Tacito. Lo stesso Giulio Cesare, uno dei pochissimi che una volta giunto al potere in modo rivoluzionario  fu clemente per davvero, pagò ben cara questa sua “debolezza” e fu per questo che Ottaviano si guardò bene dal ripeterne il  generosissimo errore.  Ma bisogna anche stare attenti a non rendere questi personaggi peggiori di quanto non  siano effettivamente stati: nel caso di Claudio, ad esempio, il successore di Caligola che regnò dal 41 al 54,  il giudizio storico degli antichi è stato quasi totalmente ribaltato e oggi la sua immagine è quella di uno statista accorto ed equilibrato, tutt’altro che l’idiota sanguinario che ci dipingono, sia pure in modo differente, Tacito e Svetonio.

E i personaggi più problematici, Caligola e Nerone? Nel loro caso la risposta è molto più complessa e difficile ricostruire il loro vero volto. Una grande archeologa e scrittrice, Maria Grazia Siliato, nel suo bellissimo e non abbastanza valorizzato romanzo storico Caligula (Mondadori 2005)   presenta un personaggio molto diverso da quello “ufficiale”: non privo  certo di lati problematici, ma anche generoso e vicino al popolo, che cerca veramente di dare una svolta alla vita dell’impero e viene crudelmente eliminato da chi vuole impedirlo a ogni costo; non solo, ma anche schiacciato da una vera e propria damnatio memoriae.  Un romanzo, si dirà, ma scritto da chi della storia ha fatto una scelta di vita e una professione. Più scientificamente lo storico canadese Anthony Barret, nella sua ben documentata e interessante biografia dedicata all’imperatore, avverte: “ Come ammetteranno anche i critici più severi del principato di Caligola, sono molti i particolari che non s’accordano con il tradizionale quadro del suo principato.  (…)Si dice che avesse avuto  le mani intrise di sangue (…) ma la reazione pubblica al suo assassinio fu realmente di aspra collera. Per di più, la lista delle sue vittime certe non è lunga, e molte di quelle che vi compaiono sembrerebbero essere state coinvolte in cospirazioni contro di lui”. [3]

E poi del resto, perché avercela con Caligola? Lo stesso Barret ricorda come uno dei gesti che vengono rinfacciati  come prova di follia, l’aver nominato senatore un cavallo, potrebbe essere letto come una sorta di critica beffarda a un consesso tanto illustre quanto ormai inutile, al punto che un cavallo poteva benissimo ricoprirne l’officio. Ma se pensiamo ai somari e al rimanente bestiario che democraticamente  e serissimamente abbiamo spedito e spediamo da decenni  a rappresentarci in parlamento, il gesto di Caligola appare il massimo della saggezza ….

 



[1] Caio SALLUSTIO CRISPO, De coniuratione Catilinae, 5, 14,15. La traduzione dei passi è mia.

[2] Marco TULLIO CICERONE, Catilinaria I, IV, 9: “O dei Immortali! Tra che razza di gente ci troviamo? Quale stato abbiamo? In che città viviamo? Sono, qui, qui, tra, noi, o senatori, nel più sacro e austero consesso della terra, coloro che meditano la nostra strage, la rovina di questa città e pertanto del mondo intero!

[3] Anthony A. BARRET, Caligola. L’ambiguità di un tiranno,Milano, Mondadori, 1993, p.5. 

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