Al culmine della notte, c’è il buio

Buio per i Bastardi di Pizzofalcone, il libro di Maurizio De Giovanni

Il Volume narra il caso di un rapimento di un bambino di dieci anni, Edoardo Cerchia, per tutti Dodo, nipote di un noto e facoltoso imprenditore

di Annamaria Torroncelli

 Buio per i Bastardi  di Pizzofalcone, il libro di Maurizio De Giovanni

Buio.

Al culmine della notte, c’è il buio.

Dura poco, per fortuna. Forse solo cinque minuti, il tempo di qualche respiro e un po’ di terrore, quando ci si affaccia sull’abisso.

Dura poco ma può lasciare il segno, se si estende appena di più, se riesce ad allungare le dita attraverso la solitudine.

Il buio.

Abbiamo ancora sulla pelle la sferzata del vento rabbioso e intriso di  salsedine che ci ha accompagnato nell’esordio della saga dei Bastardi di Pizzofalcone, la storia dell’omicidio di Cecilia Festa, ed eccoci di nuovo catapultati in un’altra indagine del nucleo investigativo partenopeo che continua la scalata al suo riscatto umano e professionale sotto la guida esperta del commissario Palma e dell’ispettore Lojacono.

L’ultimo romanzo di Maurizio de Giovanni narra il caso di un rapimento di un bambino di dieci anni, Edoardo Cerchia, per tutti Dodo, nipote di un noto e facoltoso imprenditore. Una storia che va a mescolarsi con l’indagine per uno strano furto d’appartamento e l’evolversi delle vicende personali dei  singoli poliziotti della squadra. Fino alla conclusione, il raggio di luce che entra nella stanza oscura, e squarcia il buio.

Intreccio semplice, quasi scontato, si potrebbe dire.

Ma, attenzione, chi legge sarà subito catturato da un ingannevole gioco di specchi, perché nulla è come appare. Proprio nulla.

Non rimane, quindi, che fare un respiro profondo e prepararsi a emozionanti capovolgimenti di fronte, rocambolesche inversioni di marcia, e a pugni nello stomaco. Sì, proprio così. Pugni nello stomaco.

Perché questa volta de Giovanni picchia forte, e anche se non scorre nemmeno una goccia di sangue, e nemmeno un colpo di arma da fuoco viene esploso, l’angoscia non ci abbandonerà mai.

Saranno le umiliazioni subite, e le violenze inflitte nel corpo e nell’anima a trafiggerci con le lame affilate della scrittura. Saranno i pensieri di morte a farci commuovere fino alle lacrime, e a farci sperare che la finzione narrativa ci preservi dal male assoluto.

Il groppo alla gola ci prende subito, alla prima pagina.

Buio, qui dentro. Il buio è sempre pieno di rumori. Il buio non sta mai zitto.

È qui, in questo buio maledetto che facciamo la conoscenza di Dodo, il  bambino rapito. Un bambino che per il temperamento mite e la passione per i pupazzi dei cartoni appare ancora più piccolo della sua età. Stretto nella manina sudata di terrore, il suo Batman sembra incarnare metaforicamente la fragilità di un’infanzia alla ricerca di eroi, di un’infanzia sempre più breve durante la quale i bambini devono crescere in fretta, e imparare a comportarsi, loro malgrado, da adulti. Dodo aspetta il papà, il suo eroe, in una lamentazione d’attesa, attanagliato dalla paura dell’oscurità, dal fetore dei suoi escrementi, dalla faccia del suo carceriere, che ha  le sembianze di un terribile Mangiafuoco. E dal disgusto per i sofficini freddi che è costretto a mangiare.

Protagonisti immersi nel buio, quindi, sebbene fuori sia maggio, il mese della luce radiosa, a Napoli più che mai. Il mese che accende i sentimenti e rimescola il sangue.

Se ne accorge il vice sovrintendente Ottavia Calabrese che prova un brivido, o meglio una vera scossa elettrica, per il commissario Palma. Se ne accorge la poliziotta pistolera, Alex, che inciampa in un incontro che le farà  battere il cuore nelle orecchie.

Ma maggio sa essere anche traditore.

Non fidatevi, di maggio.

Maggio vi frega in un niente. Basta un attimo di distrazione, un’idea cambiata, un sorriso in più e vi frega.

 […]

Non bisogna fidarsi, di maggio.

E’ un mese che sa fingere, così sospeso tra la coda dell’inverno e la punta del naso dell’estate.

Così ci ammonisce l’autore nell’interludio dedicato al mese di maggio, un interludio che per ricchezza e forza espressiva acquista piena autonomia narrativa, un racconto nel romanzo. Qui non è il vento sferzante e il mare livido in tempesta a portare morte e dolore, è il maggio dolce che nasconde una terribile realtà a Tiziana, è il maggio profumato in agguato sulla strada di Ciro e Marco, è il maggio ammaliante  della sottoveste di Lucia, detta Lucy, ad armare la mano assassina, è il giovane maggio a strappare alla vita i capelli biondi di Silvana.

Chi conosce la produzione di de Giovanni sa quanto gli interludi siano un autentico punto di forza della sua scrittura: sono i capitoli che illuminano l’anima oscura dei personaggi e il lato torbido dell’esistenza con la leggerezza grafica del carattere corsivo. Ma non sempre, o meglio, non solo.

In questo romanzo se ne infiltrano anche tra i capitoli in tondo.

È il caso di Ci sono notti dove l’inquietudine per la sorte del bimbo rapito si insinua con prepotenza nei pensieri di alcuni dei protagonisti, genitori con situazioni familiari complesse e tormentate.

Dodo si affaccia nella mente dell’agente semplice Giovanni Guida mentre guarda incantato i suoi figli addormentati e in particolar modo il più piccolo, il minuscolo criminale, quello che prende il doppio dello spazio anche nel sonno, come nel cuore del suo papà.

Dodo lancia ad Ottavia, dal video di un’anonima registrazione, uno sguardo che la donna, tormentata dai sensi di colpa nei confronti della sua famiglia, sente violento come un calcio in faccia. Un colpo tanto brutale da farle maledire il marito e la sua perfezione e se stessa per non amarlo più o per non averlo mai amato.

Dodo si fissa negli occhi di Giuseppe Lojacono, il Cinese, che, ritrovata sua figlia Marinella dopo una dolorosa e lunga lontananza,  intuisce meglio di chiunque altro tutta l’angoscia di un padre amputato del figlio, e tutto il terrore di un figlio che cerca aiuto nel buio.

Le storie che de Giovanni racconta sono dilanianti bombe di orrore e strazio, ma ci regalano anche spunti di lettura trasversale. Il male e il bene non stanno mai tutti da una parte. Anche il crimine più efferato ha una qualche ragione, più o meno comprensibile.

Ne sa qualcosa frate Leonardo che da tempo cerca di dare, a suo modo, conforto a coloro che faticano a vivere, nel corpo e nello spirito.

Questo romanzo è una sceneggiatura perfetta, dai dialoghi intensi e i ritmi incalzanti, che poco indulge alle descrizioni d’ambiente, limitate a sapienti controcampo che sottolineano o contrappuntano alcuni passaggi narrativi.

Si gioca sui contrasti cromatici. Bianco e nero, luci ed ombre,  solo qualche macchia di colore, significativo e inquietante. Come il biondo dei capelli della rapitrice di Dodo. 

Lontano dal languore dolente delle atmosfere ricciardiane della Napoli degli anni ‘30, che hanno consegnato al successo editoriale il nostro de Giovanni, il lettore potrebbe smarrirsi in un cambio di registro così forte. Ma lo smarrimento non dura a lungo. Dopo poche pagine ci si trova immersi in una storia piena, fatta di personaggi accattivanti e di parole che diventano immagini. Ecco, verrebbe da dire, leggiamo un film.

Avremo la consapevolezza di avere tra le mani l’opera di uno sceneggiatore talentuoso della migliore tradizione italiana, e la conferma che Maurizio de Giovanni possa definirsi a pieno titolo uno scrittore senza limitazioni di genere.

Per la sua capacità di costruire e tenere in pugno la storia, e di non mollarla fino alla fine. Anche se questo vorrà dire, per noi, precipitare nel buio dell’angoscia.

                                                                                

Maurizio de Giovanni, Buio per i bastardi di Pizzofalcone Torino, Einaudi, 2013, pp.310. Euro 18,00

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    2 commenti per questo articolo

  • Inserito da la staccata il 26/11/2013 19:30:03

    Una recensione meravigliosamente calzante, non avresti potuto dipingere la penna di Maurizio meglio di così.

  • Inserito da bob il 25/11/2013 19:16:50

    lettura appassionata di un libro da scoprire perché la nostra Torroncelli ci dice poco del libro ma molto delle sensazioni che si provano a leggerlo. un punto di vista femminile assai utile per lasciarsi convincere all'acquisto e coinvolgere nella lettura.... grazie

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