...ah, so' turnate!

Popeye sbarca a Napoli - Prima Parte

Suscitano timore come tenerezza, rabbia come pietà. Dipende dai cuori che incontrano sulla via. Vestono abiti borghesi...

di Marika Guerrini

Popeye sbarca a Napoli - Prima Parte

Se ne vanno in piccoli gruppi di cinque, sei elementi, se ne vanno calpestando il suolo tra salti e passi scomposti, schiamazzi e sberleffi ai passanti. Aggressivi spesso volgari. I luoghi di frequenza oltre al lungomare sono bar, pub, alberghi di terz'ordine, farmacie. Farmacie, alla ricerca di anabolizzanti, di potenziatori sessuali. L'aspetto denuncia età giovanissime, spesso si dubita che possano raggiungere le diciotto primavere. Nelle corporature, nei volti, si assomigliano, come da stampa, da cliché. Così per movenze, atteggiamento, espressione dello sguardo. E un'aria come da effetto di stupefacenti carica il tutto.

Suscitano timore come tenerezza, rabbia come pietà. Dipende dai cuori che incontrano sulla via. Vestono abiti borghesi, comuni, da ragazzi, sbarcano sulla terra ferma nel tardo pomeriggio ogni giorno, rientrano a bordo a sera inoltrata. Sono marinai americani, marinai della Marina Militare degli Stati Uniti d'America, U.S.Navy. Sono a Napoli, giunti con  una portaerei da qualche giorno  ancorata nel golfo partenopeo, qui, di fronte al quartiere Santa Lucia, a largo del lungomare, del Borgo Marinaro, di Castel dell'Ovo. E qui, per lo più qui, in questo  storico angolo napoletano, consumano la loro arroganza, la violenza, la volgarità così come la loro ingenuità, la loro meraviglia, lo stupore.

Qui episodi si stanno rincorrendo ogni giorno da qualche giorno, episodi come davanti alla vetrina di un gioielliere, quando uno di loro, età massima diciotto anni, se n'è uscito esclamando, occhi sgranati, ai commilitoni: guarda quant'oro c'è qua dentro!, ovviamente in slang. La racconta lunga questa frase. La racconta lunga lo stupore, la meraviglia. La raccontano lunga i loro occhi sgranati. E ti si può stringere il cuore. E puoi provare un moto di tenerezza mentre ti chiedi: ma da dove vengono, dove vivono, in quale sperduta landa di quell'assurdo contraddittorio continente, in quale sperduto luogo sono stati arruolati. E li vedi, li immagini vittime anch'essi di interessi che neppure conoscono, di cui non sanno, per cui percepiscono stipendi altissimi distruggendo se stessi. Lasciandosi distruggere. Stipendi che spesso, molto spesso, sostentano la povertà delle famiglie da cui provengono. Esattamente come quei "kamikaze", giovani anch'essi, anch'essi assoldati, anch'essi per l'illusione di principi fasulli e menzogneri, che danno la vita in cambio di danaro che, dopo di loro, sollevi i propri cari dalla povertà. La matrice che assolda è la stessa, ovunque si muova, si mostri. Qualunque sia il nome, il simbolo.

Ma la tenerezza s'annulla davanti ad altri episodi. Zona Santa Lucia, la stessa. Tardo pomeriggio. Una farmacia, o meglio, parafarmacia. Cinque elementi della truppa degli States, giovani, molto. Entrano, si fanno spazio, con arroganza, prepotenza. Chiedono anabolizzanti e, come altri prima, sempre, la pillola blu di cui sopra. Chiedono mimando la richiesta con gesti osceni. Con garbo, come nulla fosse, viene loro risposto in inglese: non abbiamo questi prodotti, questa non è una farmacia ma una parafarmacia. Sono seccati. Mentre l'attenzione dei farmacisti è concentrata su di loro, uno dei cinque sgattaiola verso una scala. Porta al sotto bottega ma lui non lo sa. E' buia. Il ragazzo prende a scendere guardandosi intorno come a scrutare, cercare. Un componente il personale della parafarmacia: dove va?, dice. Il ragazzo continua a scendere lungo la scala a chiocciola, continua a guardarsi intorno, scrutare, finché dalla zona pubblica la perentorietà d'una voce non lo ferma. Solo allora tentenna, risale. I commilitoni intanto hanno lasciato il luogo, li raggiunge.

E' qui che ci si è chiesto: perché l'uso di sostanze ormonali di potenziamento, perché ad una così giovane età, cosa accade a questi ragazzi, a cosa vengono sottoposti, cosa viene loro somministrato. Perché. Mentre in strada il commento d'una voce del popolo: ah, so' turnate!  

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da piccolo il 03/11/2013 12:51:51

    ahimè!questo è il fato storico. già il Duce aveva detto che il popolo che non sa portar le proprie armi finisce per portar invariabilmente le armi degli altri. povera Napoli che pure aveva, al tempo del suo Regno, una bella marina. colla prima nave a vapore degli stati italiani, era il 1818! gustosa la notizia riportata dalle cronache del 1848 quando alla sacca del Piave le pirocorvette austriache beffavano le fregate della marina sabauda che tendevan loro un agguato perché col vento caduto in bonaccia non si muovevano più. i piemontesi dovettero attendere l'aiuto al traino dei piroscafi della marina napoletana. era il 22 di maggio del 1848... ma, come noto, acqua passata non macina più...

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