Parla Valentuomo

Pietrangelo Buttafuoco, «il Foglio» 18 ottobre 2013

E’ la terza rete della Rai, Rai3, però è la prima quanto a imprinting d’azienda. Il passato di Rai3, infatti, è da canone e non nel senso del bollettino postale ma in quanto precetto e regola di quella scienza semplice e paracula qual è “il servizio pubblico”. Tutto quello che va su Rai3, è quello che c’era. Da venti anni, circa, la rete macina “Chi l’ha visto?” mentre da sedici galoppa il cavallo di ritorno di “Un posto al sole”. L’altra innovazione che viene da lontano è “Ballarò”, quindi la fascia della mattina – da “Agorà” a “Elisir” – poi ancora “Geo” e, infine (al di là degli esperimenti di Andrea Vianello, il nuovo direttore), il più che collaudato “Che tempo che fa”, la più importante vetrina del potere culturale.
E’ la terza, dunque, ma è la prima per potenza di fuoco anche se lavora col minimo di budget. E siccome la Rai è come l’acqua pubblica bisogna pur dirlo che oggi – più di ieri, senza più i suoi Sandro Curzi e gli Angelo Guglielmi – quello della prima serata di Rai3 è un rubinetto mirato, sempre a secco per chi è fuori dalla cerchia di potere. E’ un’estetica tutta da se la canta, se la suona e se la guarda quella di Rai3. E non è vero, come ha detto il dg Luigi Gubitosi, che Fabio Fazio “garantisce un’informazione trasparente, seria e di altissima qualità invitando tutte le componenti della società”.
Non è vero perché quello di Fazio è il posto più in assoluto appaltato all’ideologicamente corretto dove mai ha trovato spazio l’altra Italia, altrettanto di qualità e forse molto di più. Non vale l’obiezione di aver avuto ospite Renato Brunetta perché i politici se li devono ciucciare col bilancino e quelli di centrodestra, poi, poco calano con la qualità e pure con l’altra Italia. Ci vuole fior di coraggio a dare il microfono a uno come Paolo Isotta. Provasse, Fazio, a farsi spiegare da lui la musica, invece che dal senatore Claudio Abbado, ci provasse: altro che le hostess della Endemol, nel celeste lindore dello studio arriverebbero le Valchirie e sarebbe finalmente un bis di puro genio dopo il remoto apparire di Carmelo Bene a “Domenica In”, al tempo di Corrado. Ma il guaio vero è che Fabio Fazio manco lo sa chi è Paolo Isotta, dovrebbe fare le scuole serali già solo per imparare a dirgli voscenza benedica. Potrebbe però invitare Giuseppe Cruciani e poi sì che ci sarebbe l’informazione trasparente con un fior di componente – perfino strafigo – della società. E’ un servizio pubblico che non arriva in tutti i tubi quello di Rai3 a meno che non si voglia ammettere che – altroché, lo ammetto – c’è il pluralismo e c’è la dialettica.
Ecco la dialettica: quando non è il Floris di turno a tenere fermo l’ospite puzzone per farlo bastonare dal pubblico in studio, c’è il pubblico boldrinianamente avvertito a spernacchiare l’ospite mentre Floris lo tiene fermo. Ecco il pluralismo: il pubblico in studio di “Ballarò” è certamente politicamente avvertito, attento al grido di dolore della società precaria ma è pure liberista e crede nel mercato. E vuole il contratto milionario per Maurizio Crozza.
E’ tutta un’estetica da “professoressa democratica”, quella di Rai3 e quel pubblico in studio, già nelle inquadrature, tra cerchietti in testa e cravatte sbagliate, procura flussi lattei in tutte le cartilagini quando nell’acme di un qualsiasi Vito Mancuso (“acme” significa sommo grado, giusto per farlo capire a Fazio senza che scomodi i suoi autori) tutta quella gente fa clap clap come neppure tra le migliori scimmiette ammaestrate davanti al ritratto di Cazzabubbolo.
E’ la terza, è la prima per qualità ed efficacia ma, suvvia, non è servizio pubblico. Forse lo è stato perché tutto quello che oggi vale già l’aveva. Ciò che farà, già dagli esperimenti di Vianello si capisce, è però Anima Mundi, estetica da regime, e chissà però se ancora, all’ingresso di Corso Sempione, accanto ai tornelli ci sono le hostess della società Endemol, proprietaria del format di “Che tempo che fa”. E’ un’immagine proprio affascinante questa delle hostess, incaricate di accogliere gli ospiti mentre gli uscieri della Rai sono costretti a guardarsi intorno. Non voglio certo rubare il mestiere a Brunetta ma chissà quanto si paga per il cosiddetto “sotto la linea”, per i camerini, i truccatori, i turni di montaggio, i tecnici, gli studi, le scenografie, i cameraman, le luci e le telecamere che sono già patrimonio Rai e non certo caravanserraglio del format acquistato? E poi, sempre senza voler rubare il mestiere ad Aldo Grasso, infine, che cos’è questo format: tre interviste, una dopo l’altra, con millesettecento giornalisti e più di ottomila dipendenti? Il punto è che il dg teorizza la piena produzione interna, giusto in tema di fazismo e qualità. E’ la terza rete, ma è pur sempre la splendida Rai3. Paolo Mieli farà Minoli: faccia a faccia con padre Pio. Il passato la salva, si faccia qualcosa per il futuro. Con Cruciani ospite (se proprio non si è in grado di reggere Paolo Isotta, e le valchirie).

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