'900 da ricordare

L'anarcofascista Marcello Gallian tra “Novecento” e riviste culturali

Marcello si definisce sansepolcrista e squadrista, ma con una peculiarità che lo rende unico: l’origine cristiano-medioevale della sua cultura

di Ivan Buttignon

L'anarcofascista Marcello Gallian tra “Novecento” e riviste culturali

Marcello Gallian, proprio come il compagno Leandro Arpinati, è sì anarchico ma senza un peso reale nel movimento. Acquisisce una precisa coscienza politica attraverso il trampolino di lancio fascista. Diversi sono i casi di Rocca, Gioda e Malusardi, che invece approdano al fascismo solo dopo una serrata militanza libertaria. Sono personaggi di primo piano nel panorama politico italiano e in quello anarchico europeo.

Gallian è nelle retrovie quando queste figure di spicco contribuiscono all’evoluzione del pensiero anarchico. Tuttavia, è assieme a loro che nel fascismo Gallian apporta i connotati ideologici dell’anarchismo. Connotati che creeranno una frangia intellettuale per certi aspetti “autonoma” dal pensiero dominante pregno di ortodossia fascista[1].

Questa autonomia di pensiero vive e si sviluppa all’interno del movimento novecentista, cui Marcello diventa ben presto un noto esponente.

Marcello si definisce sansepolcrista e squadrista, ma con una peculiarità che lo rende unico: l’origine cristiano-medioevale della sua cultura. Questo spiega il suo ribellismo politico, il suo temperamento individualista, la sua predilezione per la componente rivoluzionaria del fascismo e la sua avversione nei confronti del Partito fascista inquinato da borghesi, burocrati e conservatori di varia natura.

Sono questi tratti che lo portano a scrivere per i quotidiani “L’Impero” di Mario Carli e “A e Z” di Emilio Settimelli. O ancora, negli anni Trenta, al quotidiano “L’Impero d’Italia” e poi alla rivista mensile “L’Impero fascista”, entrambi diretti da Settimelli[2].

L’antiborghesismo di Marcello Gallian è largamente noto. Nell’ottobre del 1925 fonda il foglio avanguardista “Spirito Nuovo”, rassegna quindicinale degli interessi artistici italiani, ricalcato sul modello della rivista francese “Esprit Nouveau”. Dalle colonne di “Spirito Nuovo” Marcello conduce un’aspra battaglia contro l’arte e la cultura borghesi, proponendo al contempo un nuovo corso artistico[3]. Intende fondare un’arte nuova, in linea con lo “spirito nuovo” dell’epoca fascista[4].

La questione dell’arte nuova, intesa come strumento di rivoluzione (è il caso di quella fascista così interpretata da Gallian) o almeno di cambiamento di una società che non piace è tipica dell’avanguardismo di sinistra, in particolare con l’Immaginismo[5].

Sarà soprattutto con il ’32, decimo anniversario della “marcia su Roma”, che si svilupperà in tutta la sua eloquenza il dibattito per la creazione di una nuova arte, aderente al nuovo corso politico fascista (l’arte “del tempo nostro”). I giovani intellettuali esprimono l’esigenza di rompere con la cultura borghese e passatista e di creare, finalmente, un’arte e una cultura autenticamente fasciste. In questo sono confortati dalle parole di Mussolini. Su una epigrafe mussoliniana che compare sul frontespizio di “Oggi e domani” nel 1930 si legge: “Noi dobbiamo creare un nuovo patrimonio da porre accanto a quello antico, dobbiamo crearci un’arte nuova, un’arte dei nostri tempi, un’arte fascista. Mussolini”[6]. E l’arte nuova, per Gallian, è quella degli scrittori novecentisti, del cinema di Blasetti, del teatro di Bragaglia.

Nel ’26, Marcello Gallian vuole fondare una nuova rivista, “Il Padiglione delle meraviglie”. Così nel ’26 (la lettera è però senza data) gli scrive Bontempelli, che gli ha appena concesso ospitalità in “900”: «non ho capito esattamente che cosa tu vuoi fare col Padiglione delle meraviglie, ma sono sicuro che sarà divertente, sono sicuro che sarà giovine, sono sicuro che sarà italianissimo, che vi dominerà la smania dell’imprevisto e l’amore del rischio e del tutto-per-tutto, che tutto vi sarà di oggi e niente di ieri, e soprattutto che siete gente disposta, dopo l’uscita d’ogni numero della vostra rappresentazione, a scendere in strada a discuterlo coi pugni contro quelli che fan vista di non capire. Perciò sono interamente con voi. Abbasso i puritani e la nostalgia, via l’Italia e la Fantasia».

Nel manifesto della rivista gallianese sono indicati, tra i collaboratori, Massimo Bontempelli, Corrado Alvaro, Orio Vergani, Antonio Aniante, Anton Giulio Bragaglia. Il che tradisce un segno decisamente stracittadino. Ma nonostante gli insistenti annunci che su vari periodici, tra agosto e novembre 1926, anticipano l’uscita del “Padiglione delle meraviglie” e la promessa di pubblicazione dall’editrice romana Galli, il foglio di Gallian non vedrà mai la luce[7].

Sempre nel ’26, l’anarchico fascista inizia a collaborare alla prestigiosa terza pagina di “Roma Fascista”. Il suo primo intervento riguarda la gestione della rubrica “Cronaca teatrale”. In seguito passerà a pubblicarvi racconti e articoli di diversi generi[8].

Di lì a poco passa a scrivere per la rivista di Blasetti “Lo Spettacolo d’Italia”, dove si erge strenuo difensore della rivoluzione nel campo dello spettacolo, a colpi di “realismo magico” e di “soggettivismo immaginista”, puri strumenti antiborghesi.

Gallian collabora al quindicinale novecentista “I Lupi”  sin dal primo numero, che è del gennaio 1928. Sebbene escano complessivamente solo tre numeri[9], Bontempelli fa in tempo a pubblicare il godibilissimo racconto Il tempo del vecchio pugilatore[10], che riscontrerà un discreto successo presso la critica letteraria.

Marcello interviene spesso anche in un altro foglio novecentista: “L’Interplenetario”. Il romanzo Il dramma nella latteria (in realtà un racconto lungo), importantissimo dal punto di vista letterario, occupa tutte le quattro pagine del sesto numero del foglio stracittadino.

Il dramma nella latteria è anticipato da una accattivante premessa di Massimo Bontempelli, che sarà poi ristampata nel ’29 quale introduzione al volume Nascita di un figlio.

Così si esprime lo scrittore di Como sul lavoro di Gallian: «L’arte di scrittore di Marcello Gallian è originale e inafferrabile; la sua immaturità raggiunge gli effetti della sapienza; la sua incoscienza diviene potenza e rilievo. Lo svolgimento delle trame narrative vive come un vagabondaggio stupefatto: tutto ciò che gli occhi del vagabondo toccano, diviene una meraviglia da fiera; le cose si animano e palpitano, subito piene di sangue; le persone d’irrigidiscono in oggetti: attorno a questo mondo strano e tanto semplice, sorgono di continuo lastre di cristallo traverso cui la visione si fa lucida e allucinata. Ogni aggettivo è una sorpresa: talvolta è un tocco di prestigiazione che tramuta la natura e l’ufficio degli oggetti, talvolta una scoperta in profondità: l’aggettivo ha la consegna e l’incarico di lanciare nel meraviglioso qualche volta nel mostruoso, agli atti e le forme più normali. Lo stile è perpetuamente inquieto: si sente sospeso sopra un vortice, s’agita per non esserne inghiottito. In questo mondo un volgere di strada o lo scoppio di un verbo inaspettato generano mutazioni e sviluppi, che riempiono un attimo con la vita di un decennio. Una immagine fa invecchiare e decadere la vita più fresca, una allucinazione brucia in una sola vampata una realtà che s’era fissata appena. In tale processo il tempo si spaurisce e non può più reggersi in piedi; i secoli e le discendenze si raggomitolano in un angolo pieni di umiliazione. Ma da quella agitazione, da quella inquietudine, da quel tramutamento rapido di valori, nasce un mondo grasso e lucente che sa trovare una sua strana quiete e purificazione»[11].

De “L’Interplanetario” , cui usciranno solo sette numeri, Gallian è uno dei più assidui collaboratori.

Enrico Falqui chiede a Gallian di lavorare nientemeno che alla prestigiosa rivista “L’Italia Letteraria”, cosa che l’anarcofascista farà molto volentieri, iniziando dal numero 42 (del 18 ottobre 1931). Come ricorda Buchignani, Falqui è “il critico ufficiale di Gallian, quello che più lo ha amato e valorizzato”, recensendolo in continuazione su diversi giornali del Ventennio come “Pegaso”, “Pan”, “Quadrivio”, “L’Ambrosiano”.

Gallian, seppur di dichiarata e leale fede novecentista, coopera volentieri con giornali che si trovano fuori dal seminato stracittadino. Per esempio, il celeberrimo giornalista futurardito Mario Carli, direttore tra l’altro di “Oggi e domani”, nomina Gallian capo redattore del settimanale. In una lettera del 19 luglio 1930 Carli spiega all’amico che il periodico è “schiettamente amico di Bontempelli, che è pronto a sostenere con cordiale solidarietà, ma non assolutamente l’organo postumo del movimento novecentista, che di fatto non esiste più nemmeno nelle intenzioni di Bontempelli”. Marcello collabora con “Oggi e domani” in modo assiduo finché, nel ’32, chiuderà i battenti[12].

Letteratura che passione

Dopo Il dramma nella latteria, per Marcello Gallian il ’28 è l’anno di altre due opere, entrambe edite dalla casa editrice romana Pinciana: I segreti di Umberto Nobile e l’apprezzata biografia del suo compagno camerata, l’anarchico fascista nonché sansepolcrista Leandro Arpinati: Arpinati politico e uomo di sport.

Il ’29 è invece la volta di Nascita di un figlio e altri scritti, con l’introduzione di Bontempelli ed edito dalle edizioni romane Atlas. L’editore Ghelardini nella premessa giunge a dire quanto segue. «Inconfutabile è che la mia scelta non poteva essere migliore: fra tutti gli scrittori italiani Gallian è, oggi, il più significativo, il più interessante, il più originale: senza dubbio alcuno. (E mi si permetta di infischiarmene della solita distinzione fra giovani e non giovani: un autore è quello che è, quando ha dell’ingegno, soprattutto quando ne ha da regalare a spreco). Altra parentesi: (tuttavia Gallian, per buona ventura, è giovane)»[13].

Nell’antologia di Falqui e Vittorini, Scrittori nuovi. Antologia italiana contemporanea, Gallian è presente con ben tre testi: Sotterraneo, Il gigante domato, La casa nera[14]. Inoltre, è sempre Falqui a parlare di lui nei suoi fondamentali volumi, quali Prosatori e narratori del Novecento italiano, (Einaudi, Torino, 1950) e Il Novecento letterario italiano (Vallecchi, Firenze, 1969-1971).

Nel ’33 esce il saggio storico (in realtà in buona parte pamphlet ideologico) Colpo alla borghesia, in cui emerge con vigore la veemenza antiborghese dell’intellettuale[15]. L’opera è introdotta da una epigrafe del Duce e preceduta da una presentazione dell’autore firmata da Massimo Bontempelli[16]. Si parla della borghesia intesa non come classe ma come mentalità, “stato d’animo”.

Così infatti si esprime: «Gli è che la folla stessa è composta, alla fine, di tanti luigi e di tante marie antoniette: son, queste, verità che molti temono di dire e di scrivere: il popolaccio di Parigi, tanto sanguinoso e terribile, possiede infine desideri molto borghesi, sogna conquiste di facile contentatura. E’ il tempo: ogni bottaio spera di diventar re, ogni lavandaia di diventar regina: principesse e duchi non sono che compromessi. Un Voltaire, un Rousseau, un Diderot non s’attendevano certo che i loro principii si facessero carne in modo tanto regale e festivo. Luigi sale al patibolo, senza accorgersi della luce di trionfo che circonda la sua persona fredda: quando muore, il fragore dei tamburi sale al cielo. E’ la fine della rivoluzione: l’inizio della borghesia»[17].

Quelli che hanno fatto la guerra, e stavano in trincea a combattere per l’Italia, anche se appartenenti alla classe media, non sono borghesi ma popolo. Borghesi sono invece «i liberali, i democratici, i popolari, i socialisti, i comunisti, gli arditi del popolo” ma anche “i briganti” che “se ne volevan stare alla macchia, contro ogni Stato, se non il proprio, rubando e defraudando gli altri»[18].

Ma chi è borghese, precisamente? Ecco la risposta di Gallian: «Il Borghese odia lo stato e cerca di tradirlo in ogni modo, con ogni mezzo, lecito o illecito; pensa alla sua pancia, alla sua casa, ai suoi mobili, ai suoi figli, alle sue donne: il resto, le donne degli altri, i figli degli altri, la casa degli altri, i mobili degli altri gli interessano quando può aspirare a conquistarli. Farli cioè suoi, di sua proprietà»[19].

Una curiosità: nel romanzo Combatteva un uomo, l’autore parla di un gruppo di popolane che manifestano con bandiere rosse e parole d’ordine marxiste. Queste donne, che si oppongono con energia all’avvento del fascismo non si battono per la rivoluzione proletaria e per la giustizia sociale, come dichiarano, bensì – secondo l’autore – per difendere i loro privilegi minati dalla rivoluzione fascista[20]. Questo è per Gallian il principio generale secondo cui i rossi sono borghesi.

Nei fascicoli della Segreteria particolare del Duce, si legge che Colpo alla borghesia riceve una “risonanza internazionale e meritò discorsi politici perfino” [21].

Altro saggio importante è Storia del fascismo incluso nel volume firmato da Mussolini La dottrina del fascismo, del ’35. oltre alle pagine dedicate alle realizzazioni mussoliniane, il contributo si conclude con l’esaltazione del corporativismo inteso come “modo di vita”, delineato da una forte tensione ideale e morale[22].

Se negli anni Venti Gallian concentra la battaglia antiborghese sulle riviste novecentiste, negli anni Trenta riversa la protesta rivoluzionaria nella sterminata produzione narrativa. D’altronde i fogli novecentisti hanno chiuso i battenti e lo scrittore anarcofascista non ha altri spazi di manovra[23].

Il “fascista anarchico”, com’è ossimoricamente chiamato, accelera i già allegri ritmi della produzione letteraria a partire dal 1932. Inizia così a riversare nella sua torrenziale produzione contenuti sempre più esplicitamente ideologici e politici.



[1] Cfr. A. Luparini, Anarchici di Mussolini. Dalla sinistra al fascismo tra rivoluzione e interventismo, M.I.R., 2001, pp. 8-9.

[2] P. Buchignani, Marcello Gallian. La battaglia antiborghese di un fascista anarchico, prefazione di Umberto Carpi, Bonacci editore, Roma, 1984, p. 50.

[3] N. Trotta (a cura di), Ribellione e avanguardia fra le due guerre. I libri e le carte di Marcello Gallian, Università degli Studi di Pavia Centro di Ricerca Interdipartimentale sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei, Pavia, 2008, p. 8.

[4] P. Buchignani, Marcello Gallian. La battaglia antiborghese di un fascista anarchico, cit., p. 20.

[5] Ibidem, p. 24.

[6] Ibidem, p. 144, n. 18.

[7] N. Trotta (a cura di), Ribellione e avanguardia fra le due guerre. I libri e le carte di Marcello Gallian, cit., p. 6.

[8] M. Gallian, Le preghiere in piazza, in “Roma Fascista”, 25 giugno 1927.

[9] N. Trotta (a cura di), Ribellione e avanguardia fra le due guerre. I libri e le carte di Marcello Gallian, cit., p. 8.

[10] V. M. Gallian, Il tempo del vecchio pugilatore, in “I Lupi”, n. 2, 10 febbraio 1928, p. 3.

[11] M. Gallian, Il dramma nella latteria. Romanzo, “L’Interplanetario”, a. I, n. 6, 1° maggio 1928, pp. 1-4.

[12] N. Trotta (a cura di), Ribellione e avanguardia fra le due guerre. I libri e le carte di Marcello Gallian, cit., p. 23.

[13] M. Gallian, Nascita di un figlio e altri scritti, introduzione di Massimo Bontempelli, Atlas, Roma, 1929.

[14] E. Falqui, E. Vittorini,  Scrittori nuovi. Antologia italiana contemporanea, prefazione di Giovanni Battista Angioletti, Giuseppe Barabba, Lanciano, 1930, pp. 293-299.

[15] Centro Manoscritti dell’Università di Pavia, Fondo Gallian.

[16] M. Gallian, Colpo alla borghesia, in “Quaderni di segnalazione”, pubblicazione mensile a cura di Umberto Bernasconi, a. I, n. 1, luglio 1933, pp. 3-16.

[17] Ibidem, p. 9.

[18] Ibidem, p. 12.

[19] Ivi.

[20] M. Gallian, Combatteva un uomo, Vallecchi, Firenze, 1939, pp. 147-148.

[21] ACS, Segreteria particolare del Duce, biografia di Gallian non firmata.

[22] B. Mussolini, La dottrina del fascismo. Storia, opere e istituti, a cura di M. Gallian, A. Marpicati, L. Contu, Hoepli, Milano, 1935, pp. 41-149.

[23] P. Buchignani, Marcello Gallian. La battaglia antiborghese di un fascista anarchico, cit., p. 49.

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