Editoriale

Privi di originalità nei simboli, negli slogan e nei loghi, figuriamoci nelle idee

Un insopportabile minestrone di immagini, parole, slogan che rende tutti uguali e ugualmente poco credibili

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

hi era bambino nei primissimi anni ’70 di certo ricorda una ditta che produceva delle scatole di soldatini in miniatura, di plastica.

La serie era della fabbrica “Atlantic” e si chiamava con il patriottico nome di “Soldati d’Italia”.

Li avevo tutti. Ricordo che la prima scatola uscita era dei “Carabinieri Sommozzatori”. Bellissima. Erano “neri” e sulla confezione azzurra campeggiava la bandiera italiana.

Quel sottotitolo “Soldati d’Italia” ci entusiasmava tutti quando ci giocavamo. Era un modo straordinariamente sano ed educativo quello di giocare con i “soldatini”, molto meglio di qualunque Play Station!

Dunque, venendo ai nostri giorni, noto invece che chi ancora si balocca con i “soldatini”, continuando anche a giocare a fare il “colonnello”, non ha imparato la lezione di coloro che gridavano: “La Fantasia al potere”! Ed invece ha sempre scelto la più facile via della “banalità”.

Adesso è tutto un fiorire di nuove sigle a destra, imitazioni pedisseque nel simbolo e nella grafica di “Forza Italia” dalla quale vorrebbero differenziarsi ma, come si sa, ogni “copia” è sempre, per sua natura, inferiore all’originale.

Ecco dunque che gli slanci creativi, originali, immaginifici che pensano ai nuovi gruppi politici producono capolavori di ovvietà verde bianco e rossa chiamandole “Fratelli d’Italia” – con tanto di nodo pseudosabaudo – o “Prima l’Italia” con un cerchio spennellato che fa tanto moderno.

“Prima” di chi o di cosa io, giuro, non l’ho capito.

Tutti però tristemente simili all’originale del PdL, simili al vecchio signacolo di Alleanza Nazionale.

Perchè “osare” è rischioso, intraprendere strade nuove e mai percorse comporta coraggio, oltrechè “fantasia”, quindi meglio stare sul sicuro e somigliarsi tutti. Ma tutti diversi. A parole.

Prodotti preconfezionati ed indifferenziati che vorrebbero però far credere di essere differenti nella continuità.

Mah…!

Un mondo di possibilità creative ridotto alla banalità dell’onnipresente tricolore declinato in tutti i modi, dell’eterna parolina magica “Italia” della quale tutti vorrebbero avere il copyright utilizzato a seconda della scontatezza immaginativa del soggetto politico in questione.

Il fatto è, che un “simbolo” politico in realtà è la proiezione ideale, mentale, culturale e psicologica di colui, o coloro, che hanno messo in atto il movimento od il partito politico stesso.

Se, per esempio, i senesi contradaioli dell’Oca o della Pantera, o dell’Aquila o del Drago, si differenziano anche nell’animo da quelli del Nicchio e della Tartuca, dalla Giraffa o dal Liocorno, probabilmente ci saranno delle spiegazioni che vanno appunto ricercate interiormente alle stesse realtà.

V’immaginate un Palio di Siena dove le Contrade inalberassero i loro emblemi tutti simili?

“Forza Italia” almeno ha diritto e titolo di originalità. È stata la prima a utilizzare il “brand” del tricolore ed il “logo” della parola Italia, tutti gli altri hanno seguito, anche da sinistra, cercando di imitare con più o meno discrezione.

Naturalmente il modello imitato è sempre quello vincente.

Così facendo l’imitatore cerca, in qualche modo inconsapevole, di carpire la “forza” dell’imitato, sperando di farla propria e di competere così sullo stesso piano.

In genere questa forma di “magia simpatica” non avviene, anzi, di solito l’imitatore ricava un danno alla propria immagine che viene riconosciuta al più come un succedaneo dell’originale.

Il mondo della “comunicazione d’immagine” o “non verbale”, se preferite, è un terreno colmo di trappole invisibili, insidie e trabocchetti anche esiziali per coloro che non sono adusi a combattervi. Peggio dei Viet Cong e dei ribelli Iracheni.

Un simbolo sbagliato è la rovina di un partito o di un movimento politico di qualsivoglia parte, tant’è che a Sinistra non stanno messi di certo meglio.

Resta il mio ricordo dei soldatini “Atlantic” con le loro scatole azzurre con la bandiera tricolore.

C’erano i Greci con le loro falangi di Opliti, l’arma dell’Aereonautica e la Marina. Gli Alpini che avevano ancora i muli. Fecero persino una serie sulla “Marcia su Roma”.

Che bei tempi quelli dei “Soldati d’Italia”: originali e senza imitatori!

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da stefano o il 17/09/2013 14:54:22

    Bell'articolo, che mi ha fatto ricordare gli Atlantic. Purtroppo i ricordi in merito sono molto sbiaditi, ma non dimentico le emozioni forti che mi trasmettevano quegli oggetti. Il discorso sulla diversità - dei simboli e dei nomi - è teoricamente ineccepibile e concordo nella sostanza. Occorre però sottolineare che non si può fare un'analogia totale tra quello che succede nei partiti e quello che succede nelle contrade (di cui conosco un po' l'indole, avendo studiato a Siena). Non voglio giustificare l'atteggiamento dei curatori d'immagine dei partiti però, a differenza delle contrade, in politica si deve provare a rubar voti all'altro, ci si rivolge all'elettorato degli altri, soprattutto di quelli "confinanti" ideologicamente, per cui si tende volutamente a rimanere "nei paraggi" visivi di determinati simboli che sono già entrati nell'immaginario degli elettori. Per questo forse non ci si distanzia molto a livello di simbolo, di disegno. È diversa invece la situazione delle contrade, dove non c'è un'esigenza di convincere l'altro a portarlo dalla nostra parte, altro che è intrinsecamente e irriducibilmente avversario e che, solitamente, è telluricamente già insediato e radicato. Schmittianamente parlando, nella competizione elettorale non c'è la dicotomia amico-nemico, perché il simbolo più che altro è rivolto agli elettori, non agli altri partiti.

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