Parla Valentuomo

Marcello Veneziani, «il Giornale», 1 agosto 2013

No, non siamo diventati un popolo di razzisti, come allude invece la Cnn. Gli insulti dementi alla Kyenge nascono da un fenomeno nuovo, massiccio e virale: viviamo con le fogne a cielo aperto.
Mi spiego. Un tempo gli umori deleteri, le cattiverie, i rancori restavano nella testa di chi li pensava o in famiglia, al più arrivavano al bar, al gruppo, o in contesti circoscritti nel tempo o nel luogo, come lo stadio o la piazza.
Ora le fogne a cielo aperto trovano i blog, twitter, i social network, che danno l'ebbrezza di una democrazia nuda 24h per tutti. E on line risale la fogna del Paese.
Una fogna che contagia e abbrutisce, che emana miasmi dalle chiaviche, invidie e risentimenti a lungo covati. 

Seguite quel che scrive la Fogna nel web sui personaggi pubblici, inclusi noi che scriviamo; in mezzo a critiche intelligenti, elogi o commenti sciocchini, c'è un fiume di letame, insulti e narcisismi frustrati che s'ingrossa per via. Equivale alle intercettazioni dei potenti: se metti il viva voce all'intimo viene fuori la fogna.
C'era anche prima, ma ora va in onda, in rete, in tribunale. 
Perciò dico: non siamo diventati razzisti, abbiamo solo aperto le cloache. E il rimedio non è spegnere l'audio o la rete, semmai educare (ma chi, dove?). Poi l'ideologia del momento seleziona gli insulti su cui indignarsi e costruire leggi, divieti e campagne e ignora gli altri. Ma gli insulti che più bruciano, diciamolo, sono quelli rivolti a te persona e non a te in quanto nero, donna, gay, ebreo o fascista

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