Editoriale

Ballottaggi: de profundis per la destra. Il caso di Roma

Una débâcle meritata, prevista e prevedibile vista la rinuncia ad ogni valore estetico perché etico

Dalmazio Frau

di Dalmazio Frau

utto è compiuto.

La sconfitta di Gianni Alemanno al Campidoglio pone l’epitaffio su una pessima amministrazione romana, pressochè indistinguibile da quelle precedenti ed è l’epitome indiscutibile di una destra che non va più, autodistrutta dalla propria presunzione e dalla propria ignoranza.

Una destra composta da mediocri che ha inseguito la pochezza del M5S e che vergognandosi di essere “destra” ha scimmiottato anche nel peggio la pseudocultura della sinistra finendo per essere da essa indistinguibile.

Paura, altroché “senza paura”, come hanno scritto nei loro manifesti gli esponenti di Fratelli d’Italia. 

Paura di essere considerati retro e “politicamente scorretti”, paura del proprio passato, che non è sempre le solite, necrofore, ricorrenze funebri o un inutile revanscismo di “quando c’era Lui”.

Si porrà adesso – finalmente - la domanda “delle cento pistole”, la destra moderata; quelle domande che avrebbe dovuto porsi da tempo e che invece ha sempre eluso, nascondendosi dietro al dito dell’ipocrisia?

Questa volta non c’era alcun derby su cui scaricare le colpe. Come scriveva Ambrose Bierce nel suo Dizionario del Diavolo: «Voto: Simbolo e strumento della facoltà che ha ogni libero cittadino di dimostrarsi uno sciocco e di rovinare il proprio paese». Bierce era un cinico e non conosceva certo la situazione italiana, ma se oggi fosse ancora vivo di certo avrebbe scritto di peggio al suo riguardo.

Si sapeva - forse – di sbagliare eppure, ostinatamente, si è perseguito l’obiettivo della sconfitta. Nati per perdere, altrimenti non si sarebbe ricandidato un Alemanno. 

“Ma non c’era nessun altro” si è detto. 

Allora chiedetevi perché in tutti questi anni non c’è mai stato un “ricambio”, “nuove menti” per la destra italiana.

Perché è mancata una formazione, culturale e politica al suo interno, dove troppi erano tesi soltanto, finalmente, al conseguimento delle poltrone da tanti anni agognate.

E sono comparsi Fiorito ed il suo SUV.

Alemanno, privo del coraggio intellettuale necessario, ha sprecato così l’occasione, unica e forse irripetibile, di  modificare drasticamente la direzione cittadina dopo gli scempi di Veltroni e Rutelli e nel contempo dare un segnale forte – da Roma – a tutto il resto del paese.

Ma ripeto: “paura eh”?

Tanto da non aver mai prestato considerazione ad una realtà che nella Capitale è molto forte, ovvero le associazioni culturali.

Infatti tra gli innumerevoli sodalizi che agiscono in tale campo, nella città, molti sono “orientati a destra” seppur non “di partito” e tra essi si annoverano prestigiose ed importanti attività pluridecennali. Tutte, o quasi, snobbate  fino a pochi giorni fa. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso dunque, anche se, purtroppo, piangeremo anche noi, che si sia votato o meno, che pur lo avevamo detto da tempi non sospetti.

Se le persone hanno disertato il voto non è perché “fa chic”, è perché non sono cretine come le si reputa. E se non sei cretino alla fine “ce li manni”.

Saggiamente scrive Gianfranco de Turris in un suo recente articolo: «Anche altri centri di potere culturale sono stati del tutto inesistenti: iniziative zero, riequilibrio dei punti di vista zero, possibilità di parlare di una cultura diversa zero, promozione di idee alternative zero».

Allora, cosa si voleva? Si voleva anche che chi si è visto avvilire votasse?

Si è affidato l’assessorato alla Cultura di Roma ad un Gasperini che si è distinto per non aver prodotto nulla di valido e ricordabile nel tempo, quasi fosse esponente di quella “Zerocrazia Culturale” a cui fa riferimento Marcello Veneziani. Chissà per quale misterioso motivo è svanita nel vuoto una importante mostra sul “Santo Graal  a Roma” curata da Franco Cardini prevista – parrebbe – per il dicembre dello scorso anno. Si sarà persa nei meandri burosaurici delle scartoffie probabilmente. Pare. Dicono. Forse. Ma noi non vogliamo credere sia possibile tutto ciò. Ci sarà stato il consueto ostruzionismo dell’opposizione che impedisce ogni miglioria, è noto.

Gianni Alemanno è stato così  il rappresentante – forse involontario, chissà - di quella destra insipiente che è ostile alla Cultura – perché la teme sapendo di essere inadeguata - a cominciare da quella alta e nobile di cui è, o forse sarebbe meglio dire era, portatrice soltanto la destra stessa. Cultura che è Valore Primario, Valore dello Spirito, superiore ed antecedente a qualunque altro, lo ricordi questo centrodestra imbolsito dal troppo denaro improvviso e dal potere immeritato.

Non si amministra basandosi esclusivamente sulla “Legge e l’Ordine”, esiste molto altro, altro che non è stato fatto ma forse neppure preso in considerazione.

La mancata attenzione alla Cultura è segno di un disinteresse per le Identità e i Principi, un disinteresse per idee, ideali e progetti. Leggete il recente ed illuminate pezzo di Buttafuoco sull’attuale stato culturale della destra. Leggete ciò che ha saggiamente scritto Domenico del Nero su queste stesse pagine.

Del resto, ben dice l’amico Vittorio Sgarbi: “Non vogliamo essere governati da chi non conosce Simone Martini”. Alemanno, ma non soltanto lui, conosce per esempio gli stili architettonici di cui Roma è composta? E allora come fa un sindaco degno di rispetto a stabilire cosa è buono e lodevole e cosa non lo è dal punto di vista sociale ed urbanistico per la propria città?

Ovviamente a quel punto si approvano i deliri architettonici e gli scempi urbanistici come sono la teca che opprime l’Ara Pacis e il folle progetto dato in mano a Fuksas. A quando una bella cupola geodesica che “salvaguardi” il Pantheon?

Per risolvere il problema delle etnie nomadi, sappiatelo, per comprenderle, basterebbe che qualche amministratore pubblico fosse mai andato a vedere “La Buona Ventura” dipinto da Caravaggio.

Non lo ha mai fatto di certo Ignazio Marino ma neppure il suo augusto predecessore.

Se poi alla vera e propria ignavia si aggiungono l’arroganza, la presunzione e una narcolessia intellettuale ormai cronicizzate sommate alla maleducazione di chi non sa neppure dire “grazie” quando ottiene un aiuto insperato e gratuito, si produce una miscela incendiaria nell’elettorato, sia alto sia basso, che induce i più proclivi alla trivialità ad inviare graziosamente gli esponenti politici, candidati o meno, ad un uso improprio e contronatura delle loro terga. Spocchia e non volontà nel riconoscere i propri limiti, laddove invece che fare un’onesta ma spietata autocritica si gioca a scaricabarile rovesciando le proprie incapacità di volta in volta su chi è di turno, amministatori precedenti – dannosissimi – e sovrintendenze varie.

Ma si sa, “errare è umano e dare la colpa agli altri di più”.

Mediocri anche nella loro mediocrità, candidati che fanno errori di grammatica anche quando pensano… se pensano. Perciò siccome ogni città ha il sindaco che si merita, adesso Roma avrà anche l’opposizione che si merita. 

Troppa bramosia di potere e troppa mancanza di ironia e, soprattutto, di autoironia.

In questo va fatto salvo, rara avis ed unico tra tutti, Francesco Storace, che ha sempre saputo essere serio ma non serioso, contrariamente ad altri dediti sempre ad autosopravvalutarsi, pronti ad offendersi alla minima critica – invece di ringraziare chi muove critiche perché vuole migliorare, costruire e non distruggere – e a strillare istericamente al complotto e al “fuoco amico”.

Plaudo alla “guerra” contro Equitalia proposta e condotta da La Destra, al “mutuo sociale”, alla “tolleranza zero” ed altro, tutte cose che l’amministrazione aveva disertato se non in ultimo, ma non bastano. Non basta senza una ripresa dei Valori della Cultura, l’unica vera possibilità di “ri – creazione” di una destra che sia realmente tale.

Peccato che Sergio Marchi al I Municipio della città, sebbene servito di buone carte nelle proposte culturali, sia purtroppo riuscito, per disattenzione tattica e lentezza di esecuzione, a giocarsele pessimamente.

Una destra dovrebbe battersi per delle idee e tradurle in realtà, non lasciarle vaghe e confuse – quando ci sono – e rispolverarle soltanto pochi giorni prima del voto perché intimoriti dalla perdita dello scranno e degli emolumenti.

Abbiamo visto sino ad ora assenza di stile, mancanza di classe, impreparazione culturale ad ogni pie’ sospinto.

Vogliamo parlare di un Alemanno che risulta essere incomprensibile al pubblico quando parla? La Retorica è uno dei grandi “doveri” di un politico sin dai tempi di Platone e di Aristotile. Il saper ben parlare ad altri in maniera intelleggibile è cosa fondamentale  per non finire ad essere il clone di Max Paiella, che non imita il “fu sindaco” ma lo ricalca.

Vorremmo anche non sentire più da certe persone parlare di qualcosa che non esiste e non appartiene di certo a questa destra fasulla: la “meritocrazia”. La destra moderata attuale con conosce il merito perché mai ha saputo valutare e far valere qualcosa che lo produca, che lo preveda e ne sia fonte: la capacità e la competenza.

La Cultura, cominciate a capirlo se proprio non volete comprenderlo, non è leggere molti libri, non è edificare brutti edifici ad uso biblioteche nelle periferie come è avvenuto a San Basilio, affidandole tra l’altro a validissimi operatori che fanno più del loro meglio con il niente che gli è stato messo a disposizione.

La Cultura è uno stato dell’anima dell’uomo, che essendo estremamente ampio ha per fine ultimo il “bene essere” del cittadino, il far sì che gli uomini non vivano “come bruti”.

La Cultura, amici miei del centrodestra moderato non è – così come sono stati fatti sino ad oggi – né il Carnevale Romano, né le girandole di Castel Santangelo, né le “Notti Bianche” di veltroniana memoria, e neppure le ipocrite aperture dei musei alla sera di una volta all’anno.

Servono soldi? Balle! 

Quando gli amministratori comprenderanno che il Tesoro dello Stato e di Roma è quello dapprima Artistico e poi Culturale forse avranno la possibilità di capitalizzare un introito economico che se ne impippa dell’IMU e di ogni altra tassa.

Ma fin’ora nessuno lo ha saputo fare. Siamo mostruosamente ricchi ma tassiamo la povera gente, e togliere le tasse e sbattere fuori gli strozzini legalizzati a poche settimane dalle elezioni non è sufficiente. Felice e geniale sempre Sgarbi nella sua intuizione largamente inascoltata: “Il ministero dei Beni Culturali deve essere strettamente legato a quello dell’Economia”.

Un incommensurabile patrimonio immobiliare potrebbe essere affidato “in comodato d’uso” con ben precise regola a valide Fondazioni ed Associazioni Culturali che ne garantirebbero il miglior mantenimento ed utilizzo, a costo zero per il Comune, ed invece il poco che si sa viene concesso sempre agli “amici degli amici” ed il molto lasciato ad imputridire e decadere.

Il come si possa far fruttare l’immenso tesoro artistico dell’Urbe e del paese non è adesso questo il luogo ove io – ed altri come me che lo gridano da tempo – lo possa insegnare.

Cultura non è il solito refrain elettorale del “riscopriamo i miti tolkieniani”, o le citazioni fasulle di autori mai letti – sempre gli stessi per altro – da Chesterton a Pound.

Non lo sono i “concertoni” né le sfilate dei butteri. Il Carnevale Romano, pari a quello veneziano del Quattrocento e del Cinquecento era ben altro, se lo si vuole riportare in auge allora si studi e si faccia di molto meglio che simili patetiche pseudoricostruzioni.

Mishima ed Evola sono passati di moda, se ne ha “paura”, sia mai che si pensi che esista una cultura di destra? Siamo tutti demo-liberali ormai e proiettati verso un futuro radioso sul quale risplende il “sol dell’avvenire”.

Bravi!

Assistiamo così all’assenza intellettuale che ha prodotto l’impossibilità di avere un degno e preparato ricambio giovanile; tranne forse Fratelli d’Italia, chi ha meno di trent’anni oggi preferisce aderire e militare in movimenti di minoranza come Casa Pound o Forza Nuova. Tutti gruppi che quando cesseranno finalmente di odiarsi l’uno con l’altro forse conseguiranno un qualche risultato.

La destra ha avuto occasioni splendide, in questi anni, di poter ri-costruire una base culturale, tradizionale, etica ed estetica reale e nobile, ma non ne è stata capace, o piuttosto verrebbe da pensare che gli amministratori non l’abbiano voluto fare perché era più comodo così. Hanno snobbato tutti gli uomini d’”intelletto” che la destra ha ancora, relegandoli nella penombra, perché in realtà scomodi, non organici, liberi. Non controllabili in quanto non “liberi pensatori” ma Pensatori Liberi.

La Cultura esiste dunque, là fuori, scevra da tessere di partito. Cosa si aspetta a coinvolgerla? Un’altra debacle? Un’altra vittoria del relativismo etico ed estetico della sinistra?

A quando un “manifesto” che riunisca gli “intellettuali” di destra?

Cultura che non sia soltanto “dottrina” per pochi ma rivolta all’esterno, sia “programma efficace” ed attuato in ogni suo ramo, secondo i dettami di un buon governo già noto ai tempi di Platone.

La destra ha sempre avuto ed ha ancora in ogni campo del pensiero grandi ingegni, ma li ha sempre rifiutati perché è più semplice vivere di autoincensamenti ed autoreferenzialisimi, è più semplice sentirsi dire bravi da altri  mediocri posti a comandare, nella speranza di ricevere poi qualche briciola.

Nell’età aurea che fu d’Italia e di Roma, tra il XV ed il XVI secolo i Papi ed i Principi – ed i Banchieri – ovvero coloro che ammistravano la res publica di allora, seppero intelligentemente utilizzare gli artisti e gli intellettuali per aumentare la loro gloria, il loro prestigio e migliorare il benessere dei popoli ad essi soggetti. Oggi? L’esatto contrario.

Complimenti vivissimi cari camerati. A chi ignora, ovvero è ignorante, l’antico adagio che recita “ avere arte è avere parte”, dal quale il più noto “senza arte né parte”, sappia che si intendeva che soltanto chi ha competenza e sapienza in un’”arte” poteva avere “parte” all’amministrazione della cosa pubblica, “parte” da cui poi “partito” in senso politico.

Ma allora vigeva l’orribile esecranda piaga del “nepotismo” diranno i soliti borghesi benpensanti liberisti democratici e trinariciuti. Gli innominabili Borgia… orrore!

Sì, esisteva il nepotismo, che Dio lo abbia in gloria, ma i “nepoti”, cardinali o capitani di ventura erano tutti, sempre, persone di grandi capacità, acume, intelletto, cultura ed altro; non semplici parenti o amici di amici, fidanzate di amici, cugini di fidanzate di amici e alla via così.

Magari ci fosse ancora oggi una simile usanza!

Perché alla “nullocrazia” si è infatti sostituita spesso una “mediocrazia” proprio nelle file del centrodestra, dove i mediocri gestiscono un potere non soltanto riuscendo a non far nulla ma perpetrando danni oltreché agli altri a loro stessi.

L’ignoranza e la disattenzione a ciò che ci circonda, e non soltanto alle buche delle strade di Roma, che pur ci sono, producono assenza di sensibilità al Bello e dunque favoriscono anche il “mal essere” non soltanto periferico della città e dello stato.

Sì signori, fatevene una ragione anche di questo, la delinquenza, la violenza, gli stupri, la droga e la mafia sono generati da un’assenza Estetica oltrechè  Etica e di forza pubblica.

Ma forse questo concetto per alcuni è intellettivamente irraggiungibile. Peccato, il Fascismo però c’era riuscito, ed è un dato storico ed antropologico questo, non certo apologia di un regime defunto ed oggigiorno inattuabile.

Voglio spezzare però non una lancia, sarebbe troppo, ma una picca per l’operato di Alemanno.

Le critiche mosse al sindaco, chiunque egli sia, di Roma per essere andato ad avere un doveroso e rispettoso colloquio con il rabbino capo sono ingiuste ed ingenerose. La comunità ebraica dell’Urbe è antica quanto la città ed è una parte importante, storicamente e culturalmente, di essa con la quale è corretto convivere in buoni rapporti. Per correttezza e rispetto il sindaco ha indossato la Kippah. E con ciò? E’ un segno di rispetto nei confronti dello stesso Dio che veneriamo, essendo tutti figli di Abramo, ricordo. Certo se si fosse fatto circoncidere allora avrei avuto qualcosa da ridire.

Altra difesa per Alemanno è la seguente:

Da più parti si è attaccato il sindaco – pardòn l’ex sindaco ora oppositore – per le sue “consulenze” ritenute costose.

Signori miei, il punto non è il fatto che si ricorra alle “consulenze esterne” né che esse – come è giusto – vengano lautamente retribuite, in quanto se, come sovente è, il comune non dispone tra il suo organico di persone capaci e competenti diventa non soltanto necessario ma lodevole utilizzare risorse “esterne”.

Il fatto è che viene da chiedersi se i “consulenti” prescelti siano veramente competenti oltreché capaci. Questo è il punto della questione, non l’azione in sé né il costo, perché un professionista va pagato, non opera gratis. Nessuno lavora gratis.

Filippo Neri, copatrono della città di Roma era solito dire che “l’uomo si educa con l’esempio”, provino ora a cominciare a darlo partendo dal centrodestra e destra quell’esempio che fino ad oggi non abbiamo visto.

Leggo con piacere quanto ha scritto qualche giorno fa Roberto Buonasorte su “Il Giornale d’Italia”: «Una bella destra, rinvigorita e meno arrogante, competente ed entusiasta, una destra che non si rassegna, e che saprà mettere sul tavolo temi affascinanti iniziando da quelli culturali, della difesa dell'ambiente, della famiglia, dei giovani».

Belle parole, largamente condivisibili ma che mi auguro non restino tali come lo sono state fino ad ora perché, perdonate se mi ripeto ma in alcuni casi è necessario, qualunque tentativo, di là dalle persone coinvolte, di ricostruire un polo che sia “di destra” in questo paese sarà sempre e comunque destinato a fallire se non si terrà ben saldo il principio primo di ripartire dalle Idee, dalla Cultura, dalla Competenza senza più quell’arroganza oltraggiosa, quella maleducazione autoreferenziale, quel vero snobismo da mediocri che ci ha portato a questo stato di cose.

Non ho altro da aggiungere, tanto ancora una volta le mie, come quelle di tanti altri migliori di me che mi hanno preceduto, saranno parole gridate nel deserto, in quel deserto dove una volta però fiorivano le oasi dovute agli “uomini di buona volontà”, quegli stessi che hanno edificato l’Europa delle cattedrali e non quella miserabile delle banche e dell’ignoranza!



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    4 commenti per questo articolo

  • Inserito da bruno il 12/06/2013 14:38:26

    Condanna per diffamazione contro Caselli e Orlando (prescritta in Cassazione) Il 7 aprile 1995 ha letto al Sgarbi quotidiani una lettera sui «veri colpevoli» dell'assassinio di Don Pino Puglisi, non rilevando le generalità essendo priva di firma ma attribuita ad un sedicente amico del sacerdote assassinato; la missiva accusava come mandante il procuratore Caselli e come sicario Leoluca Orlando. « Fui più volte contattato da Caselli e dai suoi uomini [...] pretendevano accuse, nomi, circostanze... volevano che denunciassi la mia gente e miei ragazzi... che rivelassi cose apprese in confessione [...]. Caselli disprezza i siciliani, mi vuole obbligare a rinnegare i miei voti e la mia veste, pretende che mi prostituisca a lui. Più che nemico della mafia, è un nemico della Sicilia. Orlando è un mafioso vestito da gesuita [...]. Caselli ha fatto di me consapevolmente un sicuro bersaglio. Avrà raggiunto il suo scopo quando un prete impegnato nel sociale verrà ucciso [...]. Caselli, per aumentare il suo potere, ha avuto la sua vittima illustre. » Caselli in vita sua non conobbe mai don Puglisi[78][79]. Per queste dichiarazioni Sgarbi è stato condannato per diffamazione in primo e secondo grado[66][79]. Nel suo libro Un magistrato fuorilegge Caselli ha affermato che la Cassazione ha in seguito dichiarato la prescrizione del reato[66], ma Sgarbi, tramite il suo avvocato, ha contestato questa ricostruzione sostenendo che la Cassazione aveva invece annullato le precedenti sentenze rimandando quindi il tutto a un nuovo giudizio che non c'è mai stato per l'intervenuta prescrizione.[80] Condanna per assenteismo e produzione di documenti falsi Nel 1996, con sentenza definitiva della Pretura di Venezia, è stato condannato a 6 mesi e 10 giorni di reclusione per il reato di falso e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, per produzione di documenti falsi (per la richiesta di aspettativa per motivi di salute) e assenteismo nel periodo 1989-1990, mentre era dipendente del Ministero dei Beni culturali, con la qualifica di funzionario ai Beni artistici e culturali del Veneto, e al tempo della sua partecipazione al Maurizio Costanzo Show. Condannato a pagare un indennizzo di 700 000 lire, il critico d'arte si giustificò affermando che la sua assenza dall'ufficio dipendeva dall'impegno per la redazione d'un catalogo d'arte, e parlando di "arbitrio, discrezionalità e follia" a proposito della sentenza.[81][82][83][84][85] Condanna per diffamazione aggravata contro Caselli e il pool di Milano Il 14 agosto 1998, dopo la morte di Luigi Lombardini, in un'intervista a Il Giornale ne attribuisce la responsabilità alle «inchieste politiche di Caselli [...] uomo di Violante», in quanto «il suicidio di Lombardini ha evidenziato la natura esclusivamente politica dell'azione di Caselli e i suoi» che «impudentemente frugano nella sua tomba [...] sul suo cadavere»; il 17 agosto, ignorando i ringraziamenti dell'avvocato di Lombardini per la correttezza tenuta da Caselli nella conduzione dell'interrogatorio nonché il positivo pronunciamento del CSM in merito, ne chiede «l'immediato arresto» nonché la «sospensione dal servizio e dallo stipendio». Alla successiva querela, l'intervistatore Renato Farina ed il direttore Mario Cervi scelgono il patteggiamento, mentre Sgarbi la via del processo; ad una delle udienze «non si presenta in Tribunale (a Desio) dicendo di essere a Bologna per un altro processo; il giudice telefona a Bologna e scopre che lì Sgarbi ha fatto lo stesso sostenendo di essere a Desio».[86] Per queste affermazioni nel 1998 verrà condannato dalla Cassazione per diffamazione aggravata sulle indagini del pool antimafia di Palermo, guidato da Gian Carlo Caselli, oltre a 1.000 € di multa. Vi è chi, di fronte a questo pronunciamento, ha sostenuto che la condanna sarebbe occorsa per aver Sgarbi definito le indagini "politiche",[87] esercitando il proprio diritto di critica (Francesco Cossiga, Ettore Randazzo, Fabrizio Cicchitto e Niccolò Ghedini). Questa ricostruzione è stata contestata da Marco Travaglio, per il quale «criticare significa affermare che un'inchiesta è infondata, una sentenza è sbagliata. Ma sostenere che un PM e l'intera sua Procura sono al servizio di un partito, agiscono per finalità politiche, usano la mafia contro lo stato, non è criticare: è attribuire una serie di reati gravissimi, i più gravi che possa commettere un magistrato».[88] Condanna civile per ingiurie contro Marco Travaglio Il 1º maggio 2008, durante la puntata televisiva di AnnoZero[89], Vittorio Sgarbi si rivolse al giornalista Marco Travaglio con insulti molto pesanti: «Siamo un grande paese con un pezzo di merda come te». Il 10 dicembre 2009 il Tribunale Civile di Torino condanna Sgarbi a 30.000 € di risarcimento per ingiurie e al pagamento delle spese legali[90]. Il giudice ha anche stabilito la pubblicazione della sentenza su la Repubblica e La Stampa[91]. Il 6 ottobre 2010 è stato nuovamente condannato al pagamento di 35.000 €, avendo rimarcato «Mi correggo. Travaglio non è un pezzo di merda. È una merda tutta intera» sulle colonne del quotidiano online La voce d'Italia e due giorni dopo dagli studi di Domenica Cinque, il programma televisivo condotto da Barbara D'Urso.[92][93] Condanna per diffamazione contro Roberto Reggi Nel luglio 2009 Sgarbi è stato condannato per diffamazione: la sentenza è stata proclamata dal tribunale di Monza. Il critico d'arte infatti insultò Roberto Reggi, il sindaco di Piacenza, dai microfoni di Rtl 102.5; il pubblico ministero aveva chiesto 4 mesi, ma la pena è stata poi inasprita a 6 mesi. Tuttavia grazie all'indulto la pena è stata sostituita da un risarcimento, da versare nelle casse del comune piacentino.[94] Condanna per diffamazione contro Raffaele Tito Nonostante la sopraggiunta prescrizione che ha "cancellato" il reato di diffamazione, il 26 maggio 2010 Sgarbi è stato condannato dalla Corte d'Appello di Venezia al pagamento di 110.000 € come risarcimento al procuratore aggiunto di Udine ed ex pm di Pordenone, Raffaele Tito per averlo pesantemente diffamato nel corso di alcune puntate di Sgarbi quotidiani andate in onda su Canale 5 nel 1997. L'ammontare del risarcimento è stato ridotto di un quarto rispetto a quello stabilito in primo grado, in quanto per una delle trasmissioni incriminate Sgarbi è stato dichiarato non punibile. L'intero iter giudiziario è durato ben 13 anni in quanto i legali di Sgarbi, dopo la condanna di primo grado a un anno e un mese di reclusione intervenuta nel 2001, avevano fatto ricorso alla Corte costituzionale rilevando l'insindacabilità delle sue affermazioni in quanto all'epoca il critico era parlamentare; ma la Consulta rispedì gli atti al Tribunale rigettando l'istanza e dando il via libera al processo[95]. Condanna per ingiuria contro Gianfranco Amendola Con sentenza del 15 settembre 2003 del Tribunale Civile di Roma, Sgarbi è stato condannato al pagamento a favore del magistrato Gianfranco Amendola di 30.000 Euro più spese legali per le frasi ingiuriose pronunciate nel corso di una serata del Maurizio Costanzo Show nel 1993, quali, come da sentenza, "incapace, ignorante, bugiardo, maiale". Dieci anni di causa di primo grado scandite da intervenute modifiche di legge e da una sentenza della Corte Costituzionale che annullò[96] la deliberà di insindacabilità a favore di Sgarbi adottata dalla Camera dei Deputati. Sentenza confermata nel 2009 dalla Corte d'Appello di Roma con condanna ad ulteriori spese legali, passata successivamente in giudicato. Ad oggi Sgarbi non risulta aver onorato la sentenza. Condanna per diffamazione contro Ilda Boccassini (confermata in Cassazione) Nel maggio 2011 la Corte di Cassazione con sentenza 10214, conferma la condanna al risarcimento per danni da diffamazione, a favore del pm milanese Ilda Boccassini, a carico di Sgarbi e del circuito televisivo di Mediaset. La Suprema Corte respinge il ricorso con il quale Sgarbi e Reti Televisive Italiane sostenevano la liceità di alcune espressioni usate nella trasmissione "Sgarbi quotidiani", andata in onda il 16 febbraio 1999, durante la quale la Boccassini veniva criticata in relazione all'inchiesta sul capo dei gip della Capitale, Renato Squillante. Sgarbi e RTI sono stati condannati a rifondere in solido il pm Boccassini con 25.822 euro.[

  • Inserito da ghorio il 11/06/2013 15:35:11

    Caro Del Nero, leggo i suoi editoriali e spesso sono d'accordo. Il sito Totalità rappresenta qualcosa di ultra positivo, per quanto mi riguarda. Quanto a Franco Cardini lo ammiro da sempre come storico e da quando, ero giovanissimo, polemizzava con Indro Montanelli e scriveva su"Il Giornale" . Ricordo di aver letto un elzeviro sulla pagina culturale de "Il Giornale" "La cerimonia degli addii" che dovrebbe essere riportato nelle varie antologie letterarie. Su qualche considerazione sull'islamismo scritta da Cardini, qualche volta non mi sono trovato d'accordo , ma la mia ammirazione non è mai venuta meno. Il mio riferimento agli intellettuali, lo scrivo da osservatore che si è formato su giornali di area di centrodestra, riguarda i loro rapporti di quasi "nemici". Basta considerare poi che sui giornali di area spesso giornalisti e firme famose non hanno mai trovato spazio, a differenza di quelli di centrosinistra dove li venerano sino alla morte e offrono loro spazi immensi. Il centrodestra è andato al potere e i giornalisti e le firme di area sono stati sempre boicottati. Non parliamo dei giornali. Quando ero ragazzo c'erano vari settimanali, adesso di area non c'è più nessuno. C'era stato Veneziani con "Italia Settimanale" e poi "Lo Stato", quest'ultimo unificato al "Borghese", ma poi è stato boicottato e rimane il mistero per il quale in Italia i settimanali, a parte L'Espresso e Panorama, siano scomparsi, mentre in Francia continuano ad esistere e con prestigio. In ultimo, ribadisco: la politica se vuole avere un avvenire deve basarsi su basi culturali solide e i politici che vogliono agire senza la cultura non vanno molto lontani.

  • Inserito da domenicodelnero il 11/06/2013 13:10:49

    Caro Ghorio non so chi lei intenda per "intellettuale" di destra. Se allude ai soliti noti, allora può anche avere almeno in buona parte ragione. ma ce ne sono altri, uno peraltro molto più noto dei soliti noti - e penso a Franco Cardini - che non solo non vengono mai chiamati, ma anche evitati come la peste. Infine vi sono quelli, come il sottoscritto (che preferisce comunque definirisi uomo di cultura) che è da sempre in trincea, pagando anche dei discreti "prezzi". Ma una cosa è essere in trincea, altra essere "in vendita"; senza contare che i politici di destra hanno dimostrato sin troppe volte che a loro della cultura non gliene può fregar di meno: al massimo, solo come belletto in campagna elettorale. E lei si sorprende se alcuni di noi hanno ancora abbastanza dignità da non piegarsi a questo, oltre che alla svendita generale di tutti quelli che avrebbero dovuto i "nostri" valori?

  • Inserito da ghorio il 11/06/2013 09:57:47

    Tutto bene quello che scrive Dalmazio Frau ma da osservatore non militante, debbo dire che non capisco proprio le argomentazioni del Pdl che addebitano la sconfitta all'assenza del carisma del Cavaliere Berlusconi. Un partito di plastica che recrimina per l'assenza del suo fondatore: siamo davvero caduti in basso. Ultima considerazione: gli intellettuali di destra sono sempre chiamati a raccolta, ma si comportano come Achille, che irato per 'assegnazione della schiava Briseide ad Agamennone, si ritirano sotto la tenda, in modo solitario. Poi non ho mai visto qualcuno di quest'intellettuali che ritorni in battaglia come lo stesso Achille per l'uccisione dell'amico Patroclo.

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