Editoriale

La farsa delle nefandezze: Bersani, Terzi e Centro Destra

Con la credibilità ai minimi storici la politica non fa neppure uno sforzo per non sprofondare ulteriormente. Bisogna dire basta, fare una Costituente e poi al voto

Giovanni F.  Accolla

di Giovanni F.  Accolla

i notte, soprattutto senza luna, tutti i gatti son neri. Senza una guida politica certa, da qualunque parte giunga, ogni proposta è solo rumore. Bersani sta mostrando tutta la sua pochezza (anche umana) nel procrastinare senza ritegno la resa dei conti che lo attende dentro il suo partito. La sua strategia bislacca dell’incontro chiunque, con tanto di enfatizzazione vuota del concetto di parti sociali e società civile, s’è infranto sull’ennesimo "niet" da parte del Movimento cinque stelle: in diretta web, s’è consumata un’altra farsa. Il punto più alto c’è stato quando la capogruppo alla Camera dei grillini gli ha ricordato: “lei deve incontrare le società civili, noi lo siamo”.

In un punto hanno ragione i seguaci di Grillo: il concetto di rappresentanza s’è smarrito e non da oggi. La carenza (la latitanza) di classe dirigente, la mancanza di un personale politico capace di intercettare e, quindi, rappresentare le istanze della società, delle persone, insomma, s’è smarrita, oramai, da decenni.

Tutto è ridotto in farsa. Saranno una farsa, c’è da giurarci, anche le contro-misure che prenderà il capo dello Stato. Governo di scopo, o governissimo, oramai fa lo stesso. Bersani ha davvero buttato alle ortiche una grande occasione di riscatto per la politica e per i partiti. E lo ha fatto esclusivamente per i propri interessi di parte, non di partito, ma personali. Per sé e per quel pezzo di Pd che egli ancora, rappresenta.

Finisce in farsa (o meglio dramma farsesco) anche l’esperienza del governo Monti. Le spettacolari e irrituali dimissioni del ministro Terzi ne sono la prova plastica. In verità mai Terzi e l’esecutivo Monti sono andati d’accordo. La nomina a ministro dell’ex ambasciatore nel governo, è nata da una tensione e una frammentazione di visione politica, che ha fin da principio ridotto in un nonnulla le sue deleghe. Privato della Cooperazione allo sviluppo e delle politiche europee, Terzi ha inutilmente cercato uno spazio di manovra di per sé strettissimo. Se fosse stato l’uomo e il funzionario di Stato che ora racconta di essere, avrebbe dovuto già dimettersi mesi orsono. Almeno quando il presidente del Consiglio (probabilmente in accordo con Napolitano) fece votare il nostro ambasciatore presso le Nazioni Unite a favore del riconoscimento della Palestina, senza prendere in assoluta considerazione la posizione (contraria) del ministro degli Affari esteri.

La vicenda dei marò poi, è nata anch’essa da un pasticcio istituzionale, è frutto di un’inadeguatezza tecnica dei tecnici che, nelle ore immediatamente a ridosso del fattaccio (avvenuto in acque internazionali, ricordiamolo), non hanno saputo gestire la crisi con la risolutezza necessaria. Nel vuoto istituzionale (assenza di un sottosegretario con delega ai servizi, incertezza da parte dei ministri appena nominati) l’armatore della petroliera assunse il comando e decise per tutti, decidendo per i propri interessi economici. Il resto è stato solo un rincorrersi di errori, di pezze messe maldestramente a coprire un buco sempre più drammaticamente visibile. C’è da ricordare (in pochi lo hanno fatto) che il ministro Frattini, pochi mesi prima della caduta del governo Berlusconi, aveva consegnato, tanto alla presidenza del Consiglio, quanto ai vertici della Difesa un dossier molto dettagliato (in merito a questioni giuridiche e di politica estera generale) nel quale si sconsigliava di far imbarcare dei militari su flotte private. Fu, evidentemente, inascoltato. Ci sarebbe da chiedersi perché.

Quel che ora rende il tutto ancora più triste è che la politica provi a strumentalizzare la crisi internazionale sulla pelle di due militari. Terzi, dimettendosi, è diventato (consapevolmente e scientemente) ostaggio e strumento di buona parte del centro destra che lo sta utilizzando per sparare sul bersaglio grosso del governo Monti, come se  - a una settimana dalla fine del governo -  ci fosse ancora bisogno di sottolineare le nefandezze di quasi due anni. Il ministro Di Paola, invece, ha tenuto il punto, non s’è dimesso mica per altro (oltre tutto ha tutto lo stato maggiore contro), ma per compiacere i centristi che lo hanno voluto al governo. Ci sarebbe da dire basta. Neanche al minimo storico di credibilità i partiti politici riescono a emanciparsi da vecchie e logore tattiche, oramai maldestre. Mentre ci vorrebbe un riscatto. E poi uno dice che vota Grillo! Non io, io mai, ma… capite? Bersani, con i suoi corteggiamenti, i grillini li ha legittimati e poi resi ancor più protagonisti e forti di ulteriori argomentazioni.

Per tentare di ritrovare un minimo di fiducia la politica, a tal punto, può solo puntare ad un’assemblea costituente per intervenire in tempi rapidi sulle regole che tutti - Cinque stelle compresi - dicono sono da modificare: la legge elettorale, la riduzione dei parlamentari, l'architettura istituzionale. Ma un governo che lo si fa a fare? Si vada al voto e Bersani si prenda le sue scellerate responsabilità. A meno che, finita la commedia, si faccia definitivamente da parte.

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Loredana il 27/03/2013 15:28:47

    Sembra che noi italiani ci stiamo sempre più specializzando nel ruolo di "zimbello" planetario. Non mi ricordo scempiaggini simili negli anni passati. Quando lo Stato lottava contro il terrorismo nero e rosso, che si prese una vittima eccellente in Aldo Moro, c'era molta serietà, preoccupazione, e molto rigore. Io ero bambina, ma non mi ricordo di niente nella politica di allora che facesse ricordare gli attuali giaguari, caimani, stelle, grilli e grillini. La vicenda Moro si concluse tragicamente, ma lo Stato fece del suo meglio per resistere alle forze che volevano squassarlo dall'interno, rischiando molto. Lo stesso Cossiga non si perdonò mai, fino in fondo, l'epilogo nero, e le mille polemiche tra i vari partiti sul da farsi non riuscirono a svellere la convinzione che non si poteva cedere all'oscurità del terrorismo. Non voglio paragonare la vicenda dei due marò con quella di Moro, perché non sono accostabili da molti punti di vista. Quello che vedo, ai giorni nostri, è un'incompetenza colossale che lascia sconcertati, soprattutto perché esercitata liberamente in luoghi che necessitano di un'attenzione, una scaltrezza e una competenza molto approfondite. Non dimentichiamo la questione formazione del governo di una nazione. Dove pensa di essere Bersani, ad un torneo di Risiko? Se è così, qualcuno avrebbe dovuto informarlo prima, e togliergli i dadi e le pedine. La posta in gioco non è la Kamchatka o la Jacuzia di una bella plancia colorata, ma un intero paese fatto di carne e ossa dei suoi abitanti...

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