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“Per l'eternità”

L'imbalsamazione è da sempre connaturata in varie società: dagli Egizi, agli Inca...

Oggi la tecnica è molto diversa, requisito fondamentale è che il corpo venga trattato in un ambiente perfettamente sterile, per conservarlo per lungo tempo

di Daniela Lombardo

L'imbalsamazione è da sempre connaturata in varie società: dagli Egizi, agli Inca...

Un momento della complessa procedura di imbalsamazione. Gli Egizi fecero i primi tentativi circa 5.000 anni fa.

Il presidente venezuelano Hugo Chavez non potrà essere imbalsamato, una commissione russa ha scartato l'ipotesi poiché le procedure avrebbero dovuto iniziare immediatamente dopo la morte,  quando la salma, trasferita in Russia, avrebbe subìto un trattamento per un periodo di circa sette/otto mesi. Così sfuma il progetto del governo venezuelano di esporre il corpo di Chavez nel Pantheon nazionale accanto a quello dell'eroe nazionale Simon Bolivar.

Il desiderio di preservare il corpo “per l'eternità” è connaturato in varie società, infatti praticavano l'imbalsamazione molti popoli antichi, tra cui gli antichi Egizi, gli Inca, alcune popolazioni del Perù etc.., per non parlare di casi più recenti, in cui la tecnica è stata riservata al corpo di Giuseppe Mazzini, Evita Peròn, Stalin, Lenin, Ho Chi Mihn, Mao Zedong e il leader nord-coreano Kim-Jong-il, per citarne alcuni.

I procedimenti d'imbalsamazione sono cambiati nel corso della storia, per esempio, gli Egiziani,   imbalsamavano inizialmente solo il corpo del faraone e solo in un secondo momento il trattamento si estese alle classi più abbienti. Essi avevano dei veri e propri artigiani specializzati per questa mansione e utilizzavano un metodo meticoloso: il corpo veniva posto su un ampio tavolo da imbalsamazione e lavato accuratamente, successivamente si procedeva a una laparotomia con un coltello rituale e si asportavano le visceri che venivano deposti in appositi vasi (i cosiddetti vasi canopi) dopo essere stati lavati con oli e cosparsi di resine. Poi provvedevano ad asportare le strutture cerebrali attraverso un foro praticato sull'osso etmoide (posto a livello delle cavità nasali) o attraverso il foro occipitale e rimuovevano inoltre lingua e occhi. Il corpo, così svuotato, veniva purgato con vino di palma e aromi in polvere, poi riempito con mirra, cassia e altre sostanze e infine ricucito.

Il cadavere così preparato, veniva immerso in una soluzione di carbonato di sodio e trattato con oli,  resine e pece per un periodo di circa 40 giorni e infine fasciato con finissime bende di lino.

Oggi la tecnica è molto diversa, requisito fondamentale è che il corpo venga trattato in un ambiente perfettamente sterile, per conservarlo per lungo tempo. Karen Caney, segretario generale degli Imbalsamatori del British Institute, spiega che il liquido d'imbalsamazione, contenente formaldeide chimica, usato come potente battericida, viene iniettato direttamente nella vena del defunto.

È necessario, perché l'operazione vada a buon fine, cambiare completamente la composizione dei tessuti, infatti Sue Nero, del Centro di Anatomia Umana di Dundee, afferma che innanzitutto bisogna dissanguare il corpo e poi iniettare all'interno formaldeide con una aggiunta di tinta rosa per dare al corpo un aspetto realistico. Ovviamente, per completare l'opera, si applica sul  cadavere del trucco e una parrucca perché i capelli col tempo cadono e  si provvede  a una manutenzione regolare per evitare che il corpo si deteriori.

Ovviamente l'imbalsamazione sia in passato come oggi è legata, secondo valenze storico, politiche e religiose, al culto della personalità. È singolare il fatto che la mummificazione, così amata dai regimi totalitari a fini propagandistici, abbia avuto un pioniere britannico. Infatti, nel 1823 un filosofo inglese, Jeremy Benthem, si fece imbalsamare e collocare in un salone dell'Università di Londra,  “per poter presenziare alle riunioni di facoltà”.

Per concludere, al di là delle ideologie e del fanatismo che spesso sottendono a questa pratica, da molti giudicata macabra e inquietante, si cela il desiderio atavico d'immortalità dell'uomo e la paura inconscia di dovere affrontare l'inevitabile dissoluzione del corpo.

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