Editoriale

La feroce sconfitta della civiltà

​ Perché ci troviamo a fare i conti con questa decadenza e con l’eclissi dei valori

Antonio  Leggiero

di Antonio  Leggiero

econdo uno dei massimi storici che l’Italia abbia mai avuto, Giovanni Battista Vico, la storia è costituita da corsi e ricorsi storici.

Ragion per cui, alla luce di questo assunto, non ci si dovrebbe allarmare e scoraggiarsi più di tanto quando si osserva la realtà odierna, soprattutto in riferimento al contesto italiano.

E’ fuor di ogni dubbio come i tempi che stiamo vivendo siano estremamente delicati, difficili e - senza enfasi né retorica - drammatici.

Il desolante e sconcertante quadro che si appalesa ai nostri occhi è qualcosa che difficilmente abbiamo constatato in precedenza. Almeno in tempi storicamente a noi vicini. Secondo alcuni sociologi il contesto sociale di riferimento in cui viviamo, ci muoviamo ed agiamo ai giorni nostri esprimerebbe, plasticamente ed inconfutabilmente, addirittura una sorta di decadenza di tipo antropologico.

Naturalmente, viene spontaneo chiedersi la causa di tutto ciò o per usare un termine più impegnativo di schietta derivazione filosofica: la sua scaturigine.

I fattori sono diversi.

In primo luogo, è possibile, se non addirittura probabile (per rimanere nella scia della costruzione concettuale di Vico) che si stia vivendo una fase di un processo fisiologico, a causa del quale a periodi storici nei quali gli individui vivono valorizzando ed esaltando i migliori valori consustanziali all’essere umano, realizzando degli eventi positivi e costruttivi, faccia seguito un periodo storico esattamente speculare intriso di decadenza, di smarrimento esistenziale, di precarietà, di disvalori e di profonda desolazione morale.

Pertanto, secondo questa chiave di lettura, potremmo trovarci di fronte - almeno a grandi linee - a qualcosa di previsto e di prevedibile che rientra nella dinamica fisiologica dell’alternarsi della vita del genere umano.

Ciò, tuttavia, non basta.

Non è esauriente e non è soprattutto sufficiente a spiegare, in maniera esaustiva, l’attuale contesto italiano, che, seppure in un’ottica “campanilistica” (forse anche antistorica in un contesto che favorisce ed esalta la globalizzazione!), è quello che maggiormente ci interessa.

E forse già in questa puntualizzazione digressiva (la globalizzazione) si può cogliere, in modo più o meno definito, un altro elemento favorente la pesante crisi dell’attuale momento sociale e storico.

Infatti, in secondo luogo, in ossequio ad un malinteso senso di appartenenza collettiva (globale) al genere umano ed in omaggio ad un’equivoca tendenza ad eliminare ogni barriera nazionale, si è pervenuti ad un piatto e sterile palcoscenico dove ogni diversità e differenza viene vista con sospetto e diffidenza.

Al contrario, invece, in un intelaiatura ideologica e culturale di perfetta uguaglianza fra individui e popoli appartenenti a diverse etnie e provenienti da differenti modelli socio-culturali, il mantenimento delle proprie differenze e dei propri valori permette ad un gruppo sociale o addirittura ad una Nazione di conservare adeguatamente la propria identità e con essa la sua peculiare dignità.

Gli antropologi ed i sociologi insegnano che i problemi e le difficoltà sorgono nel momento in cui si vuole procedere con tecniche di assimilazione pseudo-forzate nei confronti di gruppi o di popoli diversi. Da questo perverso e deleterio fenomeno ne derivano  tragiche conseguenze come quella paradigmatica avvenuta negli Stati Uniti d’America nei confronti dei nativi, foriera di conseguenze devastanti. Infatti, proprio quando gli indigeni sono stati completamente sottomessi ed “assimilati” da parte dei “conquistatori” sono scomparse le loro peculiari differenze e con esse i loro valori ed ideali, facendo sì che gli stessi iniziassero un periodo di decadenza e abbrutimento fonte di alcoolismo, tossicodipendenza e criminalità.

In estrema sintesi, si è concretizzato l’inizio della loro fine.

Pertanto, in linea generale, la diversità quando è foriera di importanti ed interessanti differenze - soprattutto  in termini di valori e di ideali- è sempre positiva e finisce, paradossalmente, per rafforzare le dinamiche interiori fra gli individui di una nazione e quelle esteriori dei rapporti di un popolo con gli altri.

Ciò detto, in uno sforzo concentrico di individuazione delle cause che hanno prodotto questa intensa eclissi dei valori umani, è opportuno procedere ad una disamina ulteriore ed approfondita.

Pertanto, in terzo luogo, se in qualche modo la morte delle ideologie - avvenuta soprattutto con la caduta del comunismo e con la fine della feroce contrapposizione ideologica fra blocchi - è stato un fenomeno latamente propizio e favorevole, dal momento che ha prodotto un indubbio ed innegabile effetto di distensione sia da un punto di vista internazionale (con i suoi corollari di pacificazione e di cooperazione) sia da un punto di vista interno (riducendo di molto le mostruosità ideologiche di alcune aberrazioni terroristiche), tale fenomeno ha avuto anche dei pesanti e sfavorevoli riverberi su molti individui che sono stati pervasi e colpiti da un abnorme senso di smarrimento esistenziale, con conseguente perdita di punti di riferimento e di valori.

Di qui il precipitato di comportamenti anomali, devianti ed in taluni casi criminali.

E’ noto, infatti, che quando un intero universo di riferimento di ideali  implode su se stesso e sprofonda negli abissi della storia, tutti i protagonisti (attori e comprimari) perdono ogni riferimento sociale, culturale, morale e finanche esistenziale.

Non dobbiamo dimenticare che la sociologia statunitense teorizzò il suicidio anomico come momento culminante di un processo di regresso esistenziale nel quale l’individuo, non riconoscendosi più nel contesto socio-istituzionale di riferimento, giunge perfino ad uccidersi.

In terzo luogo, nel panorama italiano, ha svolto un ruolo importantissimo con i suoi risvolti ferocemente deleteri un devastante equivoco di fondo che poggiava sull’errata equazione – culturale e politica - per la quale l’esaltazione dei valori e degli ideali apparteneva alla cultura ideologica del Fascismo.

Ragion per cui, in un orgia pseudo-ideologica e culturale accompagnata da  un vortice di distruzione e di destrutturazione nei confronti degli ideali e dei valori, sia individuali che collettivi, si è giunti a delle conseguenze pericolosamente aberranti.

Il tutto seguendo un falso ordine concettuale ed un fuorviante postulato di fondo di tipo metodologico, per i quali i valori e gli ideali che da sempre connotano in modo positivo un essere umano (svolgendo l’importante funzione di discrimen nei confronti dei pur intelligenti animali), fossero marcati da tonalità tipicamente di parte: in questo caso fascista.

Conseguentemente ne è scaturita la demolizione di ogni ordito concettuale, di ogni riferimento ideale; la devastazione di tutte le strutture sociali di riferimento (come la scuola e la famiglia) la cui giusta considerazione era considerata “esaltazione fascista”; la demonizzazione di alcuni aspetti religiosi.

Tutta questa malefica congerie di fattori ha prodotto un micidiale cocktail di elementi in grado, opportunamente amalgamati e conditi, di condurre a conseguenze funeste, da un punto di vista della società e dell’individuo che in essa vive ed agisce.

Se questo è la desolante ed avvilente scenografia, ci si augura, pertanto, che, al più presto, si possa registrare quell’inversione di rotta che segni l’inizio di un percorso individuale e sociale di recupero.

Che possa essere il 21 dicembre 2012 di cui tanto si parla, completamente a sproposito?

Infatti, nessuno stregone Maya si è mai sognato di vaticinare una qualsiasi forma di fine del mondo, ma soltanto l’inizio di una nuova era.

Non ci rimane, quindi, che sperare!

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