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Quella guerra che fece scoppiare …. Un poema

Marinetti e la battaglia di Adrianopoli

All’inizio la guerra non sembra avere molto di dinamico: cannoni e rifornimenti trascinati nel fango da bufali, un assedio che è per molto tempo attesa in fetide baracche

di Laerte Failli

Marinetti e la battaglia di Adrianopoli

FILIPPO TOMMASO MARINETTI

Arrivò a Sofia in Isotta Fraschini, tanto per non smentirsi. Filippo Tommaso Marinetti, il pirotecnico inventore del futurismo che aveva definito la guerra “sola igiene del mondo, non poteva venir meno al suo personaggio. Già corrispondente per la testata francese Intransigeant, era sbarcato a Tripoli nell’ottobre 1911 per la guerra italo-turca. In quell’occasione aveva scritto al musicista futurista Francesco Balilla Pratella: “spero di tirare a qualche testa di turco. Ma sarà difficile. Ritornerò presto e riprenderemo tutto energicamente.”. Invece riuscì ad avere anche il suo battesimo del fuoco, ma già il 5 novembre dichiarò: “Non ci sono più pallottole, non ci sono più camicie, me ne vado”.

Ma meno di un anno dopo,  verso la fine dell’estate 1912, la polveriera dei Balcani comincia a scaldarsi e  “Effetì” Marinetti  raggiunge  la capitale bulgara in anticipo sullo scoppio del conflitto ma in tempo per inserirsi a pieno titolo nella vita mondana di Sofia e conquistando salotti e intelletti con la sua oratoria e il suo magnetismo tutto particolare. Peccato che quando cominciano le operazioni militari l’Isotta Fraschini decida di piantarlo in asso e Marinetti debba rassegnarsi a partire a cavallo, anche se naturalmente ne acquistò uno di gran razza. Ma le disavventure non finiscono qui: appena concluso l’acquisto l’esercito bulgaro requisisce tutte le cavalcature ma Marinetti non si arrende e riesce a trovare un passaggio su un treno militare … che deraglia lungo il percorso: una scena degna dell’arte di Massimo Troisi!

 In compenso, come racconta Giordano Bruno Guerri nella sua biografia di Marinetti,  durante il viaggio venne anche sequestrato per un po’ da una bella e rozza contadina “ con moine e cibi succulenti diurni e notturni”.  Alla fine riesce a raggiungere, verso la fine di ottobre,  la piazzaforte di Adrianopoli, dove si combatterà una importante battaglia, su un carro trascinato da bufali, insieme a un collega austriaco. All’inizio la guerra non sembra avere molto di dinamico: cannoni e rifornimenti trascinati nel fango da bufali, un assedio che è per molto tempo attesa in fetide baracche  su cui di notte passa “il gesto bianco gigante” di un grande riflettore turco che getta il suo sguardo sui campi nemici. Ma alla fine può assistere al celebre bombardamento che riprodurrà in modo “parolibero” nel testo che sarà pubblicato poco meno di due anni dopo. Pochi mesi dopo, i quattro “fox terriers” assalitori, come Marinetti aveva definito gli stati che avevano combattuto e sconfitto la Turchia, si spartirono quasi tutti i suoi territori Europei … per poi sbranarsi subito dopo tra loro.  

Come è noto, Marinetti tradurrà la sua esperienza sul fronte Bulgaro nel “poemetto” Zang Tumb Tuuum”. Certo  in quest’opera si realizza una piena applicazione della precettistica dei manifesti futuristi; soprattutto  del Manifesto Tecnico della letteratura futurista, che diceva tra l’altro: “Ci gridano: «La vostra letteratura non sarà bella! Non avremo più la sinfonia verbale, dagli armoniosi dondolii, e dalle cadenze tranquillizzanti!». Ciò è bene inteso! E che fortuna! Noi utilizziamo, invece, tutti i suoni brutali, tutti i gridi espressivi della vita violenta che ci circonda. Facciamo coraggiosamente il «brutto» in letteratura, e uccidiamo dovunque la solennità. Via! non prendete di queste arie da grandi sacerdoti, nell'ascoltarmi! Bisogna sputare ogni giorno sull'Altare dell'Arte! Noi entriamo nei domini sconfinati della libera intuizione. Dopo il verso libero, ecco finalmente le parole in libertà!” Se i cannoni bulgari avevano bombardato la piazzaforte turca, Marinetti bombardi qui la sintassi tradizionale, grazie anche a una batteria di onomatopee e di audaci  analogie che “collegano” immagini tra loro assai lontane, come ad esempio  “alture palchi loggione 2000 shrapnels sbracciarsi ed esplodere  fazzoletti bianchissimi pieni d’oro “

Certo il poemetto non è di facile lettura e già il futurista russo Benedikt Livsic aveva fatto notare a Marinetti che una cosa era il testo “tipografico”, ben altra e di maggior efficacia la recitazione ad alta voce fatta dallo stesso autore. Ma la caratteristica di quest’opera e proprio quella di cercare un superamento e una fusione dei vari linguaggi: “ Zang Tumb Tumb si pone in quest’ambito di ricerca: l’aspetto visivo coesiste all’aspetto acustico e rumoristico che si estrinseca nell’ortografia libera espressiva e nelle onomatopee e che necessita, per rivelarsi pienamente, della particolare declamazione futurista.”[1] E anche nelle realizzazioni pittoriche che presto dettero vita alle “parole in libertà” di questo poemetto che, comunque lo si voglia giudicare, resta un eccezionale esempio di sperimentazione sinestetica che si tradurrà non solo in declamazioni ma anche in interessanti realizzazioni pittoriche.  Senza contare, naturalmente, che divenne il pezzo forte di tante roboanti e … bellicose serata futuriste: i tumb tumb degli obici, i tataratatarata delle mitragliatrici, il gluglugluglu dei muli che si abbeverano al torrente, i pic pac pun pan pan dei fucili e gli z, non mancava di lasciar allibiti  gli spettatori quantomeno allibiti:  e il pubblico spesso  reagiva proprio nel modo sperato da Marinetti:  “bombardando” a sua volta con legumi,  oggetti di vario tipo e con battute di norma piuttosto pesanti che finivano per scatenare che finivano per scatenare scazzottature catartiche, creative e … sinestetiche.

 



[1] Luciano DE MARIA,  “Introduzione” a Filippo Tommaso MARINETTI, Teoria e invenzione futurista, Milano, Mondadori, 1996, p. LXXVVIII

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da Jean-Pierre Andreoli-deVillers il 31/12/2012 01:26:02

    Caro Amico, buono testo ma la fotografia non è di Marinetti ma di D'Annunzio!! Amicalmente, JpA de Villers

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