Editoriale

La mia destra tradita

È stato sperperato un patrimonio di valori in nome di squallidi appetiti e con la

Giuseppe del Ninno

di Giuseppe del Ninno

ronache di questi giorni gettano nello sconforto chi, come me, ha vissuto da sempre nel mondo della destra politica, pur senza identificarsi in nessun partito o movimento. Certo, in generale, si tratta dell’ennesima riprova del pessimo stato di salute della politica, più che di questo o quel raggruppamento; ma non vi è dubbio che, stavolta, nell’occhio del ciclone si trovino personaggi della mia stessa parte.

I commentatori più noti – penso soprattutto ai corsivi di Filippo Ceccarelli su “Repubblica” ed a quelli di Paolo Conti e Aldo Grasso sul “Corriere” – si sono lanciati in ricostruzioni storiche e disamine para-sociologiche, con punte di velenosa ironia, sulla galassia della destra e sui suoi esponenti, indirizzando gli strali più feroci specialmente verso i quarantenni, investiti improvvidamente di cariche pubbliche.

Gioco facile e ingeneroso, dove si dimentica che la corruzione e lo stile cafonal (una volta si chiamava volgarità) attraversano tutto lo schieramento dei partiti  e tracimano nella società civile. Tuttavia, non sarebbe giusto né opportuno tralasciare alcune specificità che pure affliggono il nostro campo, ed evitare di formulare diagnosi e terapie, sulla base di una anamnesi perfino spietata.

Qui non interessa precorrere verdetti giudiziari né formulare condanne politiche: i primi verranno, le seconde sono nei fatti (tanto per fare un solo esempio, è certamente una colpa grave non aver messo mano prima ad iniziative legislative, necessarie e indifferibili, specie in questi tempi di crisi, per la rimozione o, quanto meno, la riduzione di privilegi ingiustificabili; al punto che è immaginabile attribuire i caratteri della legalità all’operato di un Fiorito, sulla scorta di leggi immorali).

Qui si tratta di capire come e perché i nipotini di Almirante e Rauti, di Romualdi e Roberti, i discepoli non solo – ma lo sono stati davvero? – di Gentile ed Evola, ma anche di Rasi, di Accame, di Erra, di Gianfranceschi, si siano ridotti a squallidi desideranti di ostriche, case di pregio, barche, escort  o presunte tali. Non basta evocare scenari locali, processi di omologazione, fame arretrata (di potere? No, soltanto di promozione materiale e di scalate sociali).

Dobbiamo prendere atto dello sperpero che si è fatto di intere generazioni, indipendentemente dagli esiti che oggi deploriamo in termini, a dir poco, di superficialità, di volgarità, di avidità. Se infatti puntiamo l’indice contro la mediocrità di certe nomine – negli Atenei, in RAI e in altre aziende pubbliche, locali e non – non possiamo dimenticare che in questa sventurata Italia non è mancata, non manca soltanto una Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione paragonabile alla francese ENA.

Da noi, in virtù di una ferrea spartizione di sfere di egemonia fra democristiani e marxisti dopo il 1945, sono venuti meno l’accesso davvero libero e la formazione meritocratica e graduale, soprattutto nei luoghi dove si produce cultura. Già, la cultura. La cultura che, nello specifico ambiente politico, vuol dire non soltanto sapienza amministrativa, ma scuola di valori che si traducono in ideologia.  E siamo al punto: oggi, quando si vuol lanciare un’accusa infamante ad un avversario politico, lo si taccia di soggiacere all’ideologia, essendo invece corretto e innocente il percorso che si districa fra gli interessi e le soluzioni “tecniche” dei problemi.

Si dimentica che l’ideologia – raccolta sistematica ed organizzata delle idee, derivanti dai valori, in mutamento e suscettibili di confronto e dialogo le prime, immutabili e non negoziabili i secondi – fungeva da cinghia di trasmissione fra valori, appunto, e comportamenti, individuali e collettivi, e che il suo tramonto – o eclisse? – ha lasciato, nella politica, campo libero alle pressioni, alle ambizioni, alle tentazioni, ai commerci senza bussola né teorica né etica.

Dunque, che fare? Le risposte immediate toccano ai politici, i quali dovranno in primo luogo arginare l’ondata di discredito che li sta sommergendo, per esempio riducendo al minimo i sussistenti privilegi e cominciando a por mano alle riforme che fino ad oggi non sono stati in grado di avviare, a partire da quella dello Stato e delle sue articolazioni. Quelle di più ampio respiro sono invece di competenza degli studiosi della politica, ai quali spetta il compito innanzitutto di riportare in onore, nelle scuole, nelle università, in tutti i luoghi di approfondimento teorico – non escluse le vituperate “scuole di partito” -  le discipline storiche e gli Autori che hanno segnato il cammino della nostra civiltà (non solo, dunque, della nostra Patria).

Come si può capire, si tratta di incombenze non facili, spesso controcorrente e di lunga lena; ma la sorte delle generazioni future, dipenderà proprio da questo, ancor più che dalle evoluzioni del PIL e dello spread. 

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    1 commenti per questo articolo

  • Inserito da ghorio il 25/09/2012 17:46:10

    Giuseppe del Ninno parla di destra tradita ed ha ragione.Ma per tutto quanto emerge in questi giorni, c'è da dire che la destra o centrodestra ha tradito i suoi ideali. Non so dove sia arrivata la formazione di questi quarantenni politici(la scuola per la formazione della pubblica amministrazione non c'entra niente) che ignorano quei valori della società portati avanti dal centro destra, tipo l'oramai anacronistico, Dio, Patria, Famiglia e aggiungerei Amicizia:Personalmnete negli anni 60, in pantaloni corti, mi sono formato sui giornali di destra di allora, con un'informazione controcorrente, bando ai privilegi dei politici, etc. Del resto per l'istituzioni delle regioni la destra di allora, PLI. MSI, Partito monarchico, fine anni 60, aveva votato contro e tutto quello che veniva criticato, sperperi, ambasciate, privilegi, si è avverato. Salvo poi che le regioni, una volta conquistate anche dal centrodestra, hanno perpetuato l'andazzo, senza distinguersi dalla sinistra Per 20 anni ho letto sui giornali di area le critiche per la mancata attuazione dell'art.49 della Costituzione. Per quasi vent'anni il centrodestra è stato al potere e si è dimenticato. Non parliamo dell'esigenza di abolire le province e così via. Lamentarsi dopo, dei tradimenti è troppo facile. Del resto in questi mesi non ho visto "grida di dolore" di politici di centro edstra e anche di giornalisti, l'informazione controcorrente, è sempre una prerogativa di quest'area, cito Indro Montanelli, Gianna Preda, Alberto Giovannini, Enirico Mattei, Panfilo Gentile,tanto per citare qualche nome, fare campagna di stampa contro i privilegi della classe poltica. Impera solo il duo Rizzo-Stella, anche se molti di questi privilegi sono stati denunciati da Raffaele Costa, deputato di formazione liberale, da ormai trent'anni e tali sono rimasti. Giovanni Attinà

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