Crime scene do not cross

Giovanna Bonanno, la vecchia dell'Aceto

Le infide gesta di una megera che avvelenava a pagamento

di  

Giovanna Bonanno, la vecchia dell'Aceto

Giovanna Bonanno, la vecchia dell'aceto

Il giorno 27 luglio 1789, un’anziana donna su una carretta che procedeva a passo lento a causa dell’età avanzata dei tre cavalli, era circondata da due ali di folla urlanti, per le strade assolate di Palermo.

La stavano conducendo di fronte alla Compagnia dei Bianchi, una cerchia ristretta di aristocratici siciliani aventi la competenza, per 72 ore, di allestire e curare i condannati a morte. Il tutto si svolgeva in quel di Piazza Viglieno dove, al centro esatto di detta, un boia attendeva l’anziana Giovanna Bonanno, detta anche la vecchia dell’aceto.

Decine di persone erano in spasmodica attesa da ore, e alcuni cavalieri con cappucci bianchi accompagnavano la detenuta.

La donna giunta nei pressi del patibolo, venne fatta scendere dal carro e le venne ordinato di salire i gradini che la portavano davanti alla forca, il cui cappio penzolava angosciosamente e oscillava verso il carnefice.

Giovanna aveva più di ottant’anni, sebbene nessuna anima viva sapesse, realmente, la sua età. Gli abitanti della zona la conoscevano come mamma Anna e, forse, Bonanno non era nemmeno il suo vero cognome.

La vecchia viveva nel quartiere più popolare di Palermo, detto Zisa, ove tirava avanti preparando unguenti, pozioni e filtri d’amore.

Non fu quella la causa, però, di tale destino; ella, era un’apprezzata avvelenatrice.

Si narra che, nel periodo della rivoluzione francese, vagabondasse un’anziana e rugosa questuante che prometteva guarigioni immediate grazie ad una miracolosa acqua che sembrava si portasse dietro in una fiasca di vimini. La cosa più inquietante era che questo liquido servisse, soprattutto, alle donne che volevano morto il loro marito.

Anna, era un povero diavolo, come quasi tutti i palermitani d’allora.

Allo stesso tempo, non era ignorante, come i suoi concittadini, in quanto aveva imparato a leggere da sua nonna da cui aveva ricevuto in dono vari libri che avidamente aveva letto e imparato quasi a memoria.

Questo auto-indottrinamento le servì per ingannare più facilmente le persone analfabete e superstiziose che la circondavano.

E tale fu la sua vita per tanti anni, fino a quando ormai, vecchia, ebbe a scoprire, così per caso, una cosa che le avrebbe cambiato del tutto la vita.

Un giorno, camminando per le vie polverose di Palermo, notò che una bimba di soli sei anni aveva deglutito una sostanza che le stava causando terribili dolori e spasmi quasi mortali.

Anna, allora, avvicinò la madre della giovane e le chiese cosa mai avesse ingerito la piccola.

La donna le spiegò che inavvertitamente la figlia aveva portato alla bocca un liquido che serviva per ammazzare i pidocchi e le zecche.

La Bonanno, immantinente, non appena la madre ebbe finito di raccontare, si recò nella drogheria che produceva tale intruglio e ne acquistò una dose, non prima però di aver ricevuto spiegazioni sulla composizione.

Venne a sapere che la miscela era costituita da aceto e arsenico.

In primis, lo testò su un cane randagio che passava sempre davanti alla sua bicocca, e rimasta impressionata dal risultato, il quadrupede morì entro pochi minuti tra atroci spasmi, decise di prenderne altre dosi più massicce.

Dopo cinque giorni dall’accaduto, Anna volle provare quel liquido su un essere umano e, l’occasione le capitò quando venne raggiunta da Angelina, una sua vicina di casa, che voleva liberarsi una volta per tutte del marito geloso e assillante, così da coronare il suo sogno e accasarsi con l’amante.

La vecchia, le vendette una piccola fiasca contenente uno strano miscuglio e le suggerì di versarne due o tre gocce nella minestra del marito.

L’uomo morì il giorno stesso, misteriosamente.

Da allora una lunga sequela di morti improvvise fece tremare l’intero quartiere e mezza Palermo.

Anna era divenuta temuta e rispettata.

I suoi (loschi) lavoretti, come amava chiamarli, la resero ben presto benestante e lo stesso proprietario di due cimiteri la benediva ogni passo che faceva.

Un giorno, tuttavia, il mondo le crollò addosso poiché l’inserviente e complice della Bonanno, tal Maria Pitarra, comprò da Anna una sua pozione mortale senza spiegarle a chi fosse destinata.

Il ricevente di questo veleno altri non era che Costanzo, il figlio di una sua grande amica.

Anna, venuta a conoscenza della cosa, fece di tutto per avvertire la donna, la quale scoprì, che il mandante della malevola azione era la nuora.


La madre di Costanzo, a quel punto, simulò di voler ripagare con mesma moneta l'ingannatrice nuora e ordinò alla Bonanno una dose della sostanza tossica.

Il giorno della vendita del veleno, la mamma di Costanzo si propose alla megera con quattro testimoni, che inchiodarono e misero fine alla professione dell’avvelenatrice.

Mamma Anna si ritrovò, 24ore dopo, nel vano degli interrogatori, ove, svestita di ogni  indumento personale le venne fatto indossare una lungo saio bianco, rasata a zero, e soggiogata alla tremenda tortura della corda.

Il reo veniva legato ad una trave del soffitto, da dove pendeva una corda. A questo punto  

il colpevole veniva fatto cadere, da due metri d’altezza e coi polsi legati dietro la schiena, così da produrgli delle profonde slogature o fratture alle spalle e alle braccia.

La Bonanno crollò subito e confessò i misfatti, cosicché la Giuria poté radunare i pochi sopravvissuti al terribile veleno, convocare il droghiere e i quattro testimoni della madre di Costanzo.

Le deposizioni precise e dettagliate permisero alla corte di emettere la condanna a morte mediante impiccagione.

Eravamo rimasti, prima di questo intermezzo riguardante le malefatte della donna, al momento in cui Anna era stata portata davanti al boia.

Anzi avevamo descritto anche i suoi passi lenti sopra i gradini che la conducevano al patibolo; la Bonanno salì sullo sgabello, fra atroci dolori procuratigli dalla tortura, e introdusse la testa nel capestro, mentre il suo carnefice si stava preparando a dare la fatidica pedata al panchetto.

Un sordo rumore di corda, che si strinse e spezzò il collo, raggelò il pubblico: tutto si concluse, con il corpo di Anna che penzolava dalla forca.

Dopo di lei toccò alla sua compare Pitarra che fece di tutto per divincolarsi dalla presa del boia. Dopo un attimo anch’ella non era più di quella terra.

Transitava il giorno 30 luglio 1789.

Di Giovanna Bonanno, dopo pochi giorni,  si racconteranno le infide gesta, avvolgendola ancora di più di spettrali e lugubri storie, per diventare, in poco tempo, il mostro terribile dei bambini, quando le madri, per riportarli alla calma, narreranno loro che là fuori dalla porta, nascosta nei fienili o nei pozzi, c’è la vecchia dell’aceto pronta ad ucciderli se non si calmeranno.

E i bambini, secondo voi,  si calmavano di fronte a simil testimonianze?

Piaciuto questo Articolo? Condividilo...

    3 commenti per questo articolo

  • Inserito da l.delcorona il 12/06/2012 16:01:24

    Capperi che vecchietta

  • Inserito da Loredana il 12/06/2012 15:26:38

    ...considerando l'efficienza della signora, direi di sì. A modo suo, aveva risolto la crisi economica...almeno la sua personale. Ecco un modo del tutto originale, ma criminale, di mettere a frutto il proprio talento, emulando inconsapevolmente Lucrezia Borgia. Tuttavia, la sua vita votata al male l'ha ripagata con la stessa moneta: a furia di spargere sul serio il veleno, questo le è ritornato indietro, sotto le spoglie del boia e della giustizia che rappresentava. Almeno non l'ha passata liscia.

  • Inserito da a.passera il 12/06/2012 15:24:39

    mi chiedo se tutti nasciamo con una coscienza , io direi di si,ma se non lasciamo che ci parli non diventiamo belve , ma qualcosa che serva a ricordarci che ii diavole esiste e può manifestarsi in alcune creature ignobili che debbono comunque ricordarci che il bene esiste e dobbiamo perseguirlo.

Inserisci un Commento

Nickname (richiesto)
Email (non pubblicata, richiesta) *
Website (non pubblicato, facoltativo)
Capc

inserisci il codice

Inserendo il commento dichiaro di aver letto l'informativa privacy di questo sito ed averne accettate le condizioni.